E’ morto all’età di 83 anni l’artista francese Jacques Carelman. Difficile ingabbiarlo in una sola definizione: il ragazzaccio dell’arte d’Oltralpe è stato pittore, decoratore, illustratore e scenografo. Nato nel 1929 a Marsiglia si stabilisce a Parigi nel 1959 e diventa del College de Pataphysique e membro fondatore dell’Ouvroir de Peinture Potentielle (OuPeinPo). La sua opera più conosciuta è “Il catalogo degli oggetti introvabili” ( pubblicato in Italia dall’editore milanese Mazzotta nel 1978 e ristampato nel 1979) una vera e propria vetrina, che riprende i cataloghi di vendita per corrispondenza molto noti all’epoca, con tanto di illustrazioni di più di quattrocento prodotti assolutamente inesistenti.
Anzi, inutili, perché con caratteristiche completamente opposte ai classici oggetti di uso quotidiano. Una personale interpretazione dell’assurdo che prende spunto dal surreale dadaismo degli artisti Man Ray e Marcel Duchamp. Alcuni esempi sono la macchina da scrivere per egittologi, la caffettiera per masochisti ( con beccuccio rivolto verso la mano che versa il caffè), il fucile per canguri, il colino a buchi, il tandem divergente e il puzzle a due pezzi.
Il clamoroso successo del catalogo lo spinge a costruire i prototipi degli oggetti citati e a esporli durante una mostra al Pavillon de Marsan al Louvre. Ed è un trionfo. I suoi strampalti oggetti viaggeranno in numerose esposizioni europee ma anche in America del Nord e del Sud e in Giappone. Lui stesso ha spiegato con ironia “Le attività umane sono innumerevoli e varie.
Alcune persone dirottano gli areoplani, altri i fondi pubblici o la conversazione. Io preferisco dirottare per mi quanto riguarda, dirottare l’uso corrente di oggetti comuni. E’ molto meno pericoloso, più onesto, ed infinitamente più divertente.I miei oggetti, perfettamente inutilizzabili, sono esattamente il contrario di quei gadget di cui la nostra società consumistica è ghiotta. Se qualcuno me lo domandasse io li qualificherei come: grotteschi, poetici, spassosi, assurdi, filosofici, astuti, puerili, profondi, ironici…
Osservandoli lo spettatore sarà allora pregato, secondo il suo umore, il suo gusto e la sua cultura, di cancellare la qualifica inutili!”