Avvenire, ricordando la scomparsa di Giorgio Faletti morto ieri dopo lunga malattia, ha ripubblicato un intervento dello scrittore che era stato originariamente pubblicato nel 2003, in occasione della Pasqua. Un pensiero di un non credente sulla Pasqua, in cui dice che questo giorno per lui sin da bambino ha sempre significato speranza. “Il significato più profondo della Pasqua” diceva “è il passaggio dalla morte alla vita, il mistero della risurrezione di Cristo. “Questa, per me, è la speranza della Pasqua. Una speranza che vale per tutti, credenti e non credenti, per quanto avere speranza significhi già, in definitiva, avere fede. Da sola, però, la speranza non basta: c’è bisogno dell’impegno di ciascuno di noi, anche il Papa non si stanca di ripeterlo” aggiungeva.
Tanti i messaggi di cordoglio di amici e colleghi dello scomparso Giorgio Faletti. Ne segnaliamo un paio. Il primo è di Caterina Caselli che invece di parlare delle doti artistiche dello scomparso attore e scrittore, ricorda una semplice gita in barca con Faletti e pochi altri: “Aneddoto dopo aneddoto il tempo è trascorso senza che neanche ce ne accorgessimo, non abbiamo mai smesso di parlare dal momento in cui ci siamo incontrati sul pontile fino a sera. E con lui era sempre così, perché Giorgio era una persona con la quale si stava bene” dice. Teo Teocoli invece parla di “una perdita che fa male al cuore, perché la nostra era una grande amicizia”. I due infatti si frequentavano da sempre, dai tempi degli esordi al Derby di Milano. ” Giorgio è stato un compagno d’avventura quando fare cabaret era davvero un’avventura!
Nel tempo, ci ha sorpresi per la sua poliedricità: attore, cantautore e poi scrittore di grande successo” dice. Viene a mancare, conclude, un amico carissimo con cui ho condiviso gli anni più belli della carriera e della vita
Giorgio Faletti il giorno dopo la sua scomparsa, una scomparsa improvvisa per i più, ma non per i suoi amici intimi che sapevano come da cinque mesi ormai stesse lottando con un tumore. Con lui in questi cinque mesi i familiari, ma anche un grande amico, Massimo Cotto, assessore alla cultura di Asti, la stessa città di Faletti, che era con lui anche nelle ultime ore in ospedale. Faletti ormai era incosciente, dice Cotto in una intervista al Corriere della Sera, e non parlava più. Ricorda però un paio di mesi fa quando lo aveva accompagnato a Los Angeles per delle cure. Erano a cena insieme e Faletti mngiava con grande appetito. “Il tumore non ti ha tolto la fame” gli disse Cotto. “Una sola cosa mi ha tolto il tumore. La progettualità. E se tu togli a un artista l’illusione dell’immortalità quando è in vita, allora gli togli tutto. E adesso questa è l’unica cosa che mi angoscia” gli rispose Faletti. I suoi funerali si terranno martedì prossimo mentre si aprirà domattina la camera ardente nella sua Asti.
“Porco il mondo che c’ho sotto i piedi”. La battuta di riconoscimento di Vito Catozzo, personaggio che Giorgio Faletti interpretava a “Drive In” – palcoscenico televisivo che lo consacrò come comico – forse non se la ricordano tutti, soprattutto i più giovani, che hanno comunque potuto apprezzare il talento di Faletti come scrittore e attore (le nuove generazioni lo ricordano soprattutto per il ruolo del professore “carogna” in “Notte prima degli esami”), anche se la sua vena da cabarettista non è mai venuta meno. Antonio Ricci, ideatore di quello storico programma e ora a capo di “Striscia la notizia“, lo ha voluto ricordare sulla pagina ufficiale del tg satirico postando un video di una sua esibizione nei panni di Vito Catozzo. Clicca qui per vedere il video
E’ morto questa mattina Giorgio Faletti. Noto comico, attore, cantante e scrittore, aveva 63 anni ed era malato di tumore, cosa che però aveva sempre tenuto nascosta. Famoso per aver dato vita al personaggio di Vito Catozzo negli anni del Drive In, autore di romanzi di successo (su tutti “Io uccido”, il primo), Faletti era anche un grande tifoso della Juventus; e la società bianconera ha voluto ricordarlo in un comunicato ufficiale, nel quale si riporta la fedeltà di Faletti, i modi squisiti e garbati e il sorriso sincero, “ogni volta che abbiamo avuto occasione di incontrarlo, a Vinovo come allo stadio”. E ancora: “La Juventus lo ricorda con affetto infinito, unendosi al dolore della famiglia per la scomparsa di un dolcissimo amico”.
Se n’è andato oggi, all’età di 63 anni, Giorgio Faletti. Comico, attore, scrittore, sceneggiatore, pittore, paroliere e anche cantante: artista poliedrico se ce n’era uno. Tra cinema, televisione e teatro, nel 1994 partecipò alle 44esima edizione del Festival di Sanremo, al quale già partecipò nel 1992 al fianco di Orietta Berti (con “Rumba di Tango”). La sua “Signor tenente”, per tutti “Minchia signor tenente” – brano, ispirato alle stragi di Capaci e di via D’Amelio – si classificò al secondo posto finale, alle spalle di “Passerà” di Aleandro Baldi. Ciao, Signor Tenente.
C’è chi ancora si chiede se è vero, chi mendica una triste conferma, “Ma è vero che è morto #Faletti?”, chi non ci vuole proprio credere “NO. #Faletti no”. Se l’è portato via un tumore, aveva 63 anni e la sua carriera è stata davvero poliedrica, è stato attore, scrittore, cantante ma anche sceneggiatore, compositore, comico e pittore. In tanti scelgono il luogo virtuale dei social network per ritrovarsi e dare un ultimo saluto a questo “artista a tutto tondo”, come viene ricordato. I tweet sono già tantissimi, e tutti o quasi lo ricordano come un pilastro della cultura italiana: “E’ morto Giorgio #Faletti un uomo dalle tante vite, tutte ben fatte, cabarettista, cantante, scrittore, attore”, ma anche “RIP Giorgio #Faletti è stato un piacere conoscerti…” e ancora “Con lui, oggi, se ne va’ una parte della Cultura Italiana. RIP Giorgio #Faletti”. C’è chi lo saluta semplicemente “Ciao Giorgio #Faletti”, ma anche chi non può fare a meno di commemorarlo così “Minchia sig.Tenente #Faletti” o chi riporta l’ultimo vero saluto dell’artista dalle mille sfaccettature “Cari amici, a volte l’età, portatrice di acciacchi, è nemica della gioia. L’ultimo messaggio di #Faletti ai fans”. Non mancano certo, come in ogni occasione, anche tra le più delicate, le critiche “Con tutto il dispiacere del caso, cerchiamo di evitare frasi come : #Faletti era uno scrittore immenso. Grazie”.
Giorgio Faletti ha iniziato la sua carriera come cabarettista nel locale milanese Derby negli anni ’70, ma ha raggiunto la popolarità nel 1985 con “Drive In”, lo storico programma di Antonio Ricci. Il suo personaggio più noto è Vito Catozzo, la guardia giurata famosa per la sua parlata sgrammaticata e per il forte accento pugliese. Tra i suoi intercalari più ricorrenti: “Porco il mondo cano che c’ho sotto i piedi!”. Negli sketch parlava delle sue vicende famigliari: la moglie Derelitta, le sei figlie (Crocefissa, Derelitta jr, Addolorata, Immacolata, Selvaggia e Deborah), e il figlio, Oronzo Adriano Celentano Catozzo, di cui negava l’omosessualità. A “Drive In” ha interpretato anche Carlino, il bambino scemo di Passerano Marmorito con il suo “giumbotto”. Lo sketch seguiva sempre lo stesso schema: Carlino scopriva le scappatelle della cognata – “C’è mia cognata che c’ha due roberti…” – che comprava il silenzio del ragazzino regalandogli il “giumbotto”. Tra le frasi tipiche di Carlino, diventata un vero e proprio tormentone: “È qui che c’è le donne nude?”. Celebre anche il personaggio di Suor Daliso delle “Piccole Madri Addolorate del Beato Albergo del Viandante e del Pellegrino”. Di fronte alle malefatte del bullo Mario Gilera, alla suora “veniva uno s-ciopone” e così schiaffeggiava il ragazzo, cospargendosi prima le mani con acido nitrico e glicerina. Infine a “Drive In” ha anche interpretato il Testimone di Bagnacavallo, adepto di una setta millenarista. Il suo tormentone era: “Credete forse che io…E non vi veda?”. A “Emilio”, al fianco di Zuzzurro e Gaspare, si impone con il personaggio Franco Tamburini, stilista di Abbiategrasso effeminato e misogino, che chiamava tutti gli oggetti con nomi femminili. Tra i suoi intercalari “Adalpina!”, l’urlo con cui chiamava la cameriera.
Il primo libro di Giorgio Faletti è “Porco il mondo che c’ho sotto i piedi”, storie del personaggio televisivo che gli diede successo, il poliziotto Vito Catozzo. Ma la sua vera natura di scrittore giunge allo scoperto quando si scopre autore di thriller dal forte impianto. “Io uccido”, pubblicato nel 2002, ha immediatamente un successo straordinario, vende ben quattro milioni di copie. Segue due anni dopo “Niente di vero tranne gli occhi”, sempre un thriller ma dedicato al mondo dei fumetti da lui molto amato. I personaggi infatti si chiamano come i personaggi di Charlie Brown. Per la critica, con questo libro le sue capacità di scrittura fanno un passo avanti. Nel 2006 arriva “Fuori da un evidente destino”, in cui affronta per la prima volta un altro tema che lo appassionava, quello degli indiani d’America. Con “Io sono Dio” uscito nel 2009 Faletti si avvicina ancora di più al mondo di Hollywood: il titolo del libro infatti è preso da una frase di Robert De Niro nel film Men of honor e racconta la storia di un sopravvissuto alla guerra del Vietnam. Con “Appunti di un venditore di donne” del 2010 Faletti invece si concentra sulla Milano degli anni 70. Il suo ultimo romanzo esce nel 2011 e si intitola “Tre atti e due tempo”. Tutti i suoi libri hanno avuto grande successo di vendite e la sua opera è stata lodata anche a livello internazionale.
Il male, la consapevolezza del male nelle persone, faceva spesso capolino nei libri di Giorgio Faletti. Nel suo primo romanzo di grande successo, “Io uccido”, ad esempio risalta questo dialogo: “Anche in questo siamo uguali. L’unica cosa che ci fa differenti è che tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai”. “E allora tu che cosa fai, di notte, per curare il tuo male?”. “Io uccido…” . Ma c’era anche la consapevolezza del bene, nel profondo del cuore, a cui tutti sembrano anelare. Sempre nello stesso libro infatti scriveva: “Per chi ci ha messo il cuore e altrettanto cuore non ha trovato, per chi si è sbagliato e ci ha messo troppo sale, per chi non avrà pace finché non riuscirà a scoprire in quale maledetto barattolo hanno nascosto lo zucchero, per chi rischia di annegare nella piccola alluvione delle sue lacrime. Siamo qui con voi e, nonostante tutto, come voi siamo vivi”. Una sua grande passione invece, la musica, emerge dalle pagine di quel libro: “La musica non tradisce, la musica è la meta del viaggio. La musica è il viaggio stesso”.
Neanche venti quattro ore fa, esattamente ventidue, Giorgio Faletti scriveva un messaggio su Facebook, destinato a diventare l’ultimo e una sorte di addio. Un messaggio che colpisce e commuove, quello di Faletti, che lascia trapelare la consapevolezza di essere giunto ai suoi ultimi istanti di vita: “A volte immaginare la verità è molto peggio che sapere una brutta verità. La certezza può essere dolore. L’incertezza è pura agonia”. La certezza di dover morire, sembra dire Faletti, ma l’incertezza di sapere la propria sorte è anche peggio, è agonia. La verità fa paura. Parole drammatiche quelle di Giorgio Faletti che ci lasciano tutta la commozione per la sua consapevolezza della fine, per la propria piccolezza, per l’impossibilità di cambiare da soli la propria vita.
Aveva tenuta nascosta la sua malattia ai più, e infatti la notizia della sua morte sta cogliendo di sorpresa quasi tutti. Giorgio Faletti, noto attore comico, autore di canzoni, cantante e scrittore di successo, è morto a 63 anni di età. Era nato ad Asti il 25 novembre 1950. Aveva cominciato la sua carriera al noto locale milanese Derby, da dove sin dagli anni 50 erano passati tutti i grandi comici italiani, ai tempi di Diego Abatantuono, Francesco Salvi, Teo Teocoli e tanti altri. Il successo arriva con la partecipazione al programma televisivo Drive In a metà degli anni cinquanta, dove interpreta il poliziotto meridionale Vito Catozzo, ma anche altri come Suor Daliso. Continuerà a lavorare in televisione ad esempio a Fantastico 1990 con Pippo Baudo ma intanto comincia a scrivere canzoni. Debutta con un disco nel 1988 Colletti bianchi, seguito nel 1991 da Disperato ma non serio. Nel 1992 in coppia con Orietta Berti partecipa al festival di Sanremo con Rumba di tango. Nel 1994 sempre a Sanremo arriva secondo con Signor tenente, un brano che parla delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Si dedica poi alla scrittura, pubblicando diversi libri tra cui Io uccido che vende ben quattro milioni di copie. E’ l’inizio di una fortunatissima nuova carriera come scrittore.