Un intervento che ha commosso tutti i partecipanti e coloro che hanno sentito o letto le sue parole. Karen Gonzales è poco più di una bambina. Nata dodici anni fa nell’Honduras, è sieropositiva, dirige una rivista per giovani nelle sue condizioni ed è stata la protagonista della giornata inaugurale della XVII Conferenza mondiale sull’Aids, che si tiene dal 3 all’8 agosto a Città del Messico. Nello stesso giorno sono intervenuti il segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon, Margaret Chan, direttore generale dell’OMS e il presidente messicano Felipe Calderon.
Un evento indubbiamente significativo dunque, sia per la portata delle organizzazioni coinvolte sia per la forte sensibilizzazione mediatica su un tema di tale gravità e importanza. A quanto risulta un dato positivo parrebbe esserci: la sensibile diminuzione dei contagi che, sebbene inferiore alle prospettive, è comunque da considerarsi un trend confortante. Ma sembra difficile che l’obiettivo fissato dall’ONU di trattare la totalità mondiale di malati con la terapia antiretrovirale entro il 2010 si possa effettivamente realizzare. Le cause sono molteplici, tutte indicate unanimemente da ogni istituzione chiamata in causa. Una comune denuncia alla carenza di fondi alla quale si associa, in modo più o meno connivente, il diffuso pregiudizio nei confronti delle persone affette da questa malattia. Addirittura non sono mancati episodi pittoreschi. Il direttore esecutivo di “Onusida”, istituzione che gestisce il programma Onu sulla malattia, Peter Piot, ha preso la parola citando Bob Marley, con il pugno alzato: “Non abbandonate mai la lotta!”, ha affermato. “Entriamo in una nuova fase, perché ora abbiamo dei risultati su grande scala”. Ingiustizie, soprusi, macchinazioni che non mancano mai di essere additate in ogni occasione di dibattito internazionale su temi così sensibili.
Ma spesso si rischia di confondere l’azione con i buoni propositi, rendendo più difficile mettere poi in trasparenza tutti quegli aspetti sui quali ha senso intervenire o almeno programmare modalità concrete di aiuto. Soprattutto sembra, da queste prime battute, che le principali istanze si incentrino esclusivamente su una ricerca di fondi economici per la distribuzione di farmaci funzionali alla terapia a scapito di una sensibilizzazione relativa alle forme di prevenzione della malattia.
Ferma restando l’indole sacrosanta di un’azione di fund raising internazionale volta a diffondere il più possibile la terapia farmacologica, resta il dubbio che si trascuri l’aspetto sociale e culturale che circonda il fenomeno dell’aids. Ricordiamo a questo proposito quanto detto da Sua Santità Benedetto XVI in occasione dell’incontro con i membri dell’ONU tenutosi lo scorso 18 aprile a New York. “Quando si è di fronte a nuove ed insistenti sfide, è un errore ricorrere ad un approccio pragmatico, limitato a determinare ‘un terreno comune’, minimale nei contenuti e debole negli effetti”.



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