Dopo la violenta scossa avvenuta questa notte, di magnitudo 5 sulla scala Richter, nuovi terremoti continuano a verificarsi nella zona del massiccio del Pollino, al confine tra Basilicata e Calabria, tra le province di Potenza e Cosenza. Secondo quanto riporta l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l’ultimo evento si è verificato poco fa, alle 13.38, con un’intensità pari a 2.2 gradi sulla scala Richter. La nuova scossa si è verificata esattamente alle coordinate 39.895°N, 16.007°E, vale a dire tra i comuni di Rotonda (Pz), Laino Borgo (Cs), Laino Castello (Cs) e Mormanno (Cs), gli stessi maggiormente coinvolti nel violento terremoto di questa notte che ha costretto molti abitanti a trascorrere diverse ore in strada. Di recente Gianluca Valensise, dirigente dell’Ingv ed esperto sulla sismicità della zona, ha fatto sapere che la scossa di questa notte “è solo l’ultima di una lunga sequenza che ormai dura da circa due anni. E’ l’ultima ma purtroppo è anche la più forte, quindi ci preoccupa più che in passato”. Valensise ha quindi spiegato che la Regione in questione, dal punto di vista tettonico, non è diversa dalle altre adiacenti ed è sottoposta a un’estensione che in questo caso è perpendicolare alla direzione della catena. “E’ un meccanismo abbastanza caratteristico: dalla Toscana alla Calabria, tutto l’Appennino è in estensione sulla sua porzione sommitale, quindi di montagna”, ha fatto sapere, aggiungendo però che “quello che differenzia la zona di cui stiamo parlando, rispetto a quelle adiacenti, è il numero di terremoti che si sono verificati in passato. E’ una zona per la quale non si conoscono forti terremoti, almeno nel periodo coperto dai dati storici, e non si conoscono terremoti in epoca strumentale, quindi rimaniamo con il dubbio di capire se queste scosse possono preludere a una scossa più forte”. In altre parole, spiega ancora, “se qui per esempio ci fosse stato un terremoto anche piuttosto forte nel quattordicesimo secolo potremmo non saperlo”. E non è cosa da poco, perché un terremoto avvenuto in quell’epoca ci direbbe per esempio che la Regione ha effettivamente la capacità di generare terremoti più forti, che quindi potrebbero ancora verificarsi. Quella del Pollino, aggiunge Valensise, “è una zona di straordinaria complessità ma, nonostante questo, l’Ingv ha formulato già da una quindicina d’anni delle ipotesi di faglie sismogenetiche in quella zona”. Queste ipotesi, secondo cui potrebbero avvenire potenziali terremoti fino a magnitudo 6.5, è sotto verifica in queste ore ma i dati pervenuti in queste ore potrebbero dimostrare una sua effettiva veridicità: in tal caso, afferma Valensise, “da un lato vi è una verifica scientifica interessante e promettente, ma dall’altra il problema si apre ancora di più”. Se infatti l’ipotesi dovesse essere confermata, conclude, una scossa più forte potrebbe effettivamente ancora esserci, o quanto meno non può essere esclusa con certezza scientifica. Il problema di riferire con chiarezza e sicurezza informazioni precise riguardo ai rischi che effettivamente si corrono in caso di terremoto è tornato infatti alla ribalta dopo la sentenza de L’Aquila, pone oggi probelmi concreti stringentissimi, anche alla luce di questo nuovo terremoto. IlSussidiario.net ha intervistato il professor Elio Sindoni, membro della Società Italia di Fisica, che spiega nel dettaglio quali sono le conseguenze che potrà avere la sentenza che ha condannato i membri della Commissione Grandi Rischi a sei anni di detenzione.
Le ipotesi possibili, spiega Sindoni, sono due: “O nessuno vorrà più dire la sua opinione, oppure che si applicherà in pieno il principio di precauzione”. Se si applica questo principio, spiega ancora, si agisce in questo modo: “Prendiamo il caso del Vesuvio: noi sappiamo assolutamente che esso esploderà. Non sappiamo quando, però se si applica il principio di precauzione bisogna dire che può esplodere anche domani. Dunque io devo spostare entro domani qualcosa come un milione di persone. Tenendo conto che hanno costruito case fino alla falde del Vesuvio senza che il governo intervenisse. Quindi in base a questo principio la situazione generale è ancora più pericolosa”. Secondo Sindoni, però, “si andrà soprattutto verso la prima ipotesi, che nessuno vorrà più dire qualcosa”.