«Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso. I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri». Le parole del Papa, pronunciate a Roma in Piazza di Spagna per la cerimonia dell’Immacolata martedì scorso, ancora riecheggiano con la loro forza evocativa. È vero, i media intossicano «i cuori, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno, si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono».

Ci voleva davvero il successore di Pietro per ricordare alla società italiana che c’è un inquinamento peggiore di quello atmosferico che incombe sulle nostre città e sul nostro vivere quotidiano. E noi che lavoriamo nei media dovremmo sentirci chiamati in causa da un’analisi così lucida. Una volta c’era un settimanale, Il Sabato, che rappresentava uno spazio di obiezione di coscienza e un esempio di eccellenza giornalistica nel panorama italiano. Oggi non ci sono più le condizioni perché esista qualcosa del genere.

Il caso Noemi-D’Addario, il caso Boffo e poi il caso Marrazzo, per citare solo gli ultimi “titoli” di una stagione di fango, stanno lì a dimostrare quanto le preoccupazioni del Papa siano fondate. Non si tratta solo del fatto che i media non danno mai “buone” notizie. Da che mondo è mondo, il male fa più notizia del bene. Il fatto è che il male può essere guardato in tanti modi. Anzi un giornalismo e una convivenza democratica che occultassero il male, le brutte notizie (come faceva il Fascismo con le veline di Stato e l’Urss con la Pravda e la Tass) farebbero ancor più orrore. E tuttavia il Papa richiama a un dovere morale fondamentale: non si può raccontare il male del mondo accusando qualcuno sempre e solo al di fuori da sé, non si può non avere compassione, rispetto, misura. Non si può essere sempre negativi e rancorosi.

Quali sono oggi i modelli di giornalismo per le nuove generazioni? A sinistra i Grillo, i Travaglio, i Saviano. A destra i Feltri, i Facci, i Belpietro. Tutta gente (basta pensare al Vaffa day o a certi titoli del Giornale) che incita sempre al cappio, all’odio, all’indignazione verso il nemico esterno. In una guerra di carta che coltiva, ogni giorno, estremismo e risentimento.

Ma prendete una storia non politica: la storia dell’asilo di Pistoia. Mi ha colpito la leggerezza con cui alcuni Telegiornali hanno trasmesso le immagini delle violenze delle due maestre del “Cip e Ciop”. Mi ha turbato il linciaggio via Internet, compreso quel tizio che si è candidato presso i parenti dei bambini picchiati ad uccidere con le sue mani le due maestre. Mi ha indignato l’indignazione, la mancanza di senso della misura, la scritta anonima “lager” sul cancello di ferro. Fare il cronista vuol dire spesso maneggiare la vita della gente, farlo con poca attenzione e anzi con la voglia di trovare un colpevole, può essere davvero criminale.