La maglietta bianca con un personaggio della Disney, le scarpe Converse, i jeans. E’ di Francesca Mansi il corpo ritrovato in mare ieri alle isole Eolie, fra Lipari e Panarea. Si ripete il dolore del 9 settembre, giorno in cui il paese di Atrani, sulla costiera amalfitana, è stato investito da un’alluvione terribile. Un’alluvione in cui unica assente all’appello fu, per lunghi giorni, questa giovane barista, Francesca, di 25 anni. Suo padre parlò ai Telegiornali con grande dignità e con l’accorata convinzione che la figlia non ci fosse più.

Uccisa dal destino e dalla follia degli uomini di oggi che devastano l’ambiente e violentano il suolo. Oggi però la natura spietata che aveva provocato la tragedia, la chiude in qualche modo lealmente. Facendo calare il sipario, restituendo il corpo.

Quella giovane dispersa infatti era, sicuramente per i suo parenti ma poi per il suo paese ed anche in parte per tutti noi, una ferita rimasta aperta, un oltraggio più grave alla vita e alla persona di una semplice morte violenta. Qualcosa di atavico ci toglie così adesso un sottile disagio, rimasto sottotraccia in queste settimane. Sapere che i suoi familiari riavranno presto il corpo e che lei, Francesca, avrà una sepoltura costituisce una forma di sollievo.

Del resto gli antichi Greci, dominatori proprio qui in queste terre tanto da chiamarle Magna Grecia, ritenevano che le anime delle persone disperse vagassero senza pace, non potendo accedere all’Ade, all’al di là. Nei secoli successivi sono stati oltraggiati e buttati nei fiumi o dispersi nei mari i cadaveri di nemici politici o di uomini particolarmente odiati, proprio perché neanche la morte rappresentasse per loro la conquista di una forma di pace, di riposo eterno.

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E persino nella modernità, dopo la prima guerra mondiale, vera "inutile strage" di massa con tantissimi dispersi, è nato in tutta Europa il culto del Milite ignoto. Ancora oggi a Roma, sull’Altare della Patria, a Parigi, nell’Arco di Trionfo, a Londra, dentro l’Abbazia di Westminster, c’è il fuoco perenne in memoria dei soldati caduti e rimasti senza nome.

Ieri il sindaco di Atrani, Nicola Carrano, ha detto: «Sono commosso e a questo punto devo sperare che quel corpo ripescato in Sicilia sia quello della povera Francesca. Sono ventiquattro giorni che prego Dio affinché il suo corpo possa essere restituito ai suoi cari». Parole umane che certo la comunità locale condivide.

Ma c’è anche un altro aspetto. Il misterioso viaggio nel mar Tirreno di quel giovane corpo ormai senza vita scaraventato dall’alluvione fra i flutti e poi giunto fino ad un approdo, colpisce la nostra immaginazione. Le isole Eolie sono un luogo magnifico, non per niente abitate dall’uomo fin dalla preistoria, e costituiscono un bastione sicuro nel Mediterraneo. Lì un sub ha visto il corpo di Francesca e ha dato l’allarme.

Il destino ha voluto che il suo peregrinare lungo quasi un mese si concludesse in una specie di paradiso naturale. Ora non ci resta che augurarsi che trovi pace e riposo. Che quel paradiso visibile sia stato per lei, ormai inconsapevole, metafora di un paradiso invisibile. Giungendo così, come ritenevano gli Antichi e come oggi crediamo con più ragione, grazie alla promessa di Gesù Cristo, alla luce.