«Cerco di guardarli sempre per capire perché. Ho visto un odio assurdo da parte di Olindo, ha lo sguardo cattivo. Rosa invece non mi ha nemmeno guardato. E’ una sentenza già scritta, Olindo e Rosa sono i colpevoli e per loro arriverà l’ergastolo». Sono le dichiarazioni di Azouz Marzouk, il tunisino che nella famigerata strage di Erba perse la moglie e un figlio e che, per la prima volta dopo mesi, ha rivisto i carnefici della sua famiglia, gli assassini di sua moglie e di suo figlio.



L’occasione è stata il processo di secondo grado a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi, accusati dell’omicidio di quattro persone. I due sono già stati condannati dalla Corte d’Assise di Como all’ergastolo e all’isolamento diurno per tre anni per l’omicidio di Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la nonna del bambino Paola Galli e la vicina di casa Valeria. Azouz Marzouk torna in Italia, a Lecco.



Troverà ad aspettarlo una donna con la quale si è risposato e che attende un figlio da lui. «Questa volta torno per rimanere. E’ un mio diritto visto che sono sposato a una cittadina italiana, sto per avere un figlio e voglio assistere a tutto», dice il tunisino  che, su Rosa e Olindo, è lapidario: «Non perdonerò mai qualsiasi persona coinvolta nel massacro». Di seguito, pubblichiamo una riflessione sulla vicenda di , vicedirettore di Video-News.

Sono tornati in aula Olindo Romano e Rosa Bazzi. Sono ricomparsi in quell’aula matrimoniale che tanto hanno desiderato in questi tre anni di reclusione e di distanza. Non ci sono telecamere a riprenderli se non nel breve tratto tra il furgone della Polizia Penitenziaria e l’aula del dibattimento, perché Maria Luisa Dameno, presidente della prima sezione della Corte d’Appello di Milano, ha impedito che fossero riprese le sedute.



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 E tuttavia questo non ha impedito al Tg1 e al Tg2 di rendere nota una lettera scritta dai due imputati. «Siamo innocenti. Io e mia moglie siamo perseguitati – si legge nella lettera – gli inquirenti hanno cercato di imporre la loro verità approfittando di una nostra debolezza psicologica (i due sono rei confessi, ndr).

Speriamo che al processo di Appello tutti gli errori commessi dai giudici di primo grado vengano al pettine potendo così dimostrare la nostra innocenza». Dall’inizio di questo processo Rosa e Olindo stanno cercando di rimangiarsi le loro iniziali dichiarazioni. Ma è un’impresa quasi disperata. Il loro primo racconto, cristallizzato nell’ordine di cattura, resta vivido e coerente. Un film dell’orrore.

Certo, non c’è proporzione fra il gesto commesso e l’eventuale movente. Ma questo, purtroppo, lo rende solo tragicamente simile a tanti altri delitti. Sgozzare un bambino, uccidere la madre e la nonna a bastonate, accoltellare la vicina e il vicino che sopravviene e che miracolosamente sopravvive e racconta tutto… Già, oltre al loro racconto, c’è la terribile confessione di Mario Frigerio.

 

 

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La chiave di tutto questo processo sta nella sua confessione. Che non può essere elusa o ignorata. E dunque anche i tentativi della difesa di Olindo e Rosa di scavare nella loro psiche, alla ricerca di chissà quale infermità si infrangono sulla ferocia di quel racconto, preciso dettagliato e coincidente con la prima confessione.

La storia di Erba, questo processo d’appello, non sono più interessanti per un eventuale esito diverso dal primo grado. Quanto per capire l’evoluzione dei due coniugi assassini, il loro percorso, se possibile di consapevolezza e di riesame di quello che è avvenuto.

 

 

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