Com’era bello il cielo sopra Roma ieri, durante il Regina Coeli. Bello perché alla fine è stato compassionevole coi tanti pellegrini arrivati qui fin da sabato, e da tutta Italia, evitando acquazzoni e regalando solo a tratti il sole caldo di maggio.
Bello perché anche per noi, che viviamo a Roma da tanti anni, il cielo visto da piazza San Pietro ha sempre qualcosa di affascinante. Bello in questo particolare giorno dell’Ascensione in cui i movimenti e le associazioni laicali sono arrivati in piazza per l’abbraccio al Santo Padre. Una preghiera per le vittime degli abusi, una per i nostri pastori, una per il successore di Pietro.
Il popolo del Papa day (come lo ha battezzato l’immaginifico ufficio stampa della Coldiretti) ha cominciato a riempire lo spazio all’interno del colonnato fin dalle 8 di domenica mattina. Striscioni, palloncini, cappellini e molta tranquilla voglia di testimoniare l’affetto verso il Papa. Tanti amici che non si vedono da anni, da Milano, Torino, Biella, dietro di noi c’è persino uno striscione di Cl Deutschland. Qualche nuovo amico come quelli dell’Aquila.
Mi hanno raccontato di alcuni della Sicilia che appena ritirato il Papa sono tornati a Termini per tornare a casa… Come se ci fossimo trovati tutti qui per qualcosa di davvero importante, decisivo per la nostra vita e per ogni singola persona: riconoscere in quell’uomo, vestito di bianco, un padre. Non un padre qualsiasi, un padre che ci impedisce di far prevalere la nostra opinione.
Un gesto semplice, camminare e arrivare in piazza, minimo per chi vive a Roma, più impegnativo per chi viene da fuori, e che tuttavia spazza in un solo colpo la negazione della nostra libertà che il potere vorrebbe compiere e compie ogni giorno. Ecco che cosa c’era in quel salutarci felice, in quel rivedere facce e volti di una lunga amicizia… Poi l’introduzione di Paola Dal Toso, segretaria della Cnal, la preghiera condotta dal cardinal Angelo Bagnasco, che oggi è a capo della Cei, le parole stupende della prima omelia di Ratzinger da Papa lette da Roberto Fontolan… Alle 12 tutti col naso all’insù verso la finestra e di nuovo verso il cielo.
Ecco finalmente Benedetto XVI, che ricorda il giorno dell’Ascensione e parla, guarda caso, proprio del cielo. Citando le parole di un grande russo, Pavel Florenskij. “Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, … intrattenetevi … col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”.
Dalla piazza il Papa è una figura lontana, ma nei maxi schermi appare lieto di tanto calore e un po’ affaticato dal recente viaggio a Fatima. “Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, che a volte contagia anche i membri della Chiesa. Viviamo nel mondo ma non siamo del mondo”, dice, ricordando a tutti di chiedere la purificazione della comunità ecclesiale.
Già, il cielo. Ma che cos’è il cielo? Ha spiegato il Papa: “Il Signore, aprendoci la via del Cielo, ci fa pregustare già su questa terra la vita divina”. In una delle poche interviste televisive che concesse Don Luigi Giussani disse una volta: “Il cielo per noi non è lassù… il cielo è una vibrazione della terra”.
E la terra vibra, come accadde e accade attorno a Giussani, se uno dà tutto. Non c’è niente di meglio nella vita che dare tutto per i propri amici. Questo è il cielo visto ieri mattina, 16 maggio 2010, a San Pietro. E ringrazio Dio di esserci stato.