Ci sono storie che non finiscono mai. Trent’anni dopo la storia di Vermicino, paesino vicino a Velletri, ad un passo da Roma, dove un bambino era caduto in un pozzo, che poi era profondo 60 metri, fa ancora riflettere. Commuove. L’altro giorno a “Domenica Cinque” era ospite Angelo Licheri, il volontario che si era calato nel pozzo per salvare la vita del piccolo Alfredino Rampi. Licheri è anziano e malato, senza un gamba, non ha ancora trovato pace con se stesso. Ha detto: “Se tornassi indietro, non lo rifarei”. Che cosa lo tormenta a distanza di più di trent’anni? “Non rifarei quello che ho fatto perché sono molto sensibile.
Oggi poi, sono malato e proprio non potrei farlo. Non so cosa ho fatto per meritarmi questa vera condanna”. Pena ancora spesso a quello che è successo. Licheri ebbe l’amaro destino di essere l’ultimo che provò davvero a salvare quel bambino. Si conquistò l’amore di una Nazione, perché il suo fu un gesto generoso e disperato, quando tutte le soluzioni tecniche, dei grandi macchinari e delle grandi istituzioni, erano ormai esauste. Avevano fallito. Lui, uomo sardo di campagna e di missioni impossibili, magrissimo e agile, scese in quel buco per tutta la sua profondità fino a raggiungere il piccolo Alfredo. Ma non riuscì a strapparlo alle tenebre della morte.
Licheri ha raccontato di aver sognato per anni quegli attimi e quel corpo già quasi senza forze, il fango, l’impossibilità di tirarlo su… E’ stato lui a dare ad Alfredino l’ultima carezza. E’ stato lui a vederlo ancora vivo per l’ultima volta. 
Un Angelo che tutti speravano portasse il miracolo nel pozzo, si limitò a dare l’ultimo conforto. E tuttavia oggi Licheri è ancora tormentato, come se non avesse fatto pace con se stesso. Pesa troppo la frustrazione di non avercela fatta. Licheri si sente segnato da quel fallimento sotto i riflettori, dove pure passò alla storia come eroe anonimo. Uno che rischiò la sua stessa vita per generosità. Ha detto ancora in tv domenica: “Persino i miei figli mi hanno rimproverato per non aver pensato che sarei potuto morire”. 

Speriamo che Licheri trovi pace. Fece benissimo allora e fa male oggi a disperarsi. E’ stato uno strumento e ha impegnato tutto se stesso nella lotta contro il male. Ma quella storia dimostrò anche con non sta a noi decidere il destino. Licheri fu la proiezione dell’amore di un intero popolo verso un bambino, che lo rese comunque un simbolo positivo.
Che la Grazia di un altro bambino, quello del Santo Natale, porti anche a lui adesso pace e luce.