Da domani – doveva essere ooggi, ma non è ancora arrivata la notifica del Giudice – Erika De Nardo sarà una giovane donna libera. Condannata a 14 anni per l’omicidio della madre e del fratello, compiuto nel febbraio del 2001, ha scontato nove anni in carcere e uno in comunità. La sua uscita fisica è stata preceduta da una brutta lettera pubblicata ieri dal Quotidiano Nazionale, in cui la ragazza si rivolge al suo complice di allora, il fidanzato Omar Favaro. Il tono e il linguaggio risentono di un decennio dietro le sbarre. Omar è aggredito per aver speculato sulla famiglia di Erika. “Si vede chiaramente quanto sei viscido e senza dignità”, scrive Erika, “Usare mia madre e mio fratello per farti popolarità. Per farti dei soldi ti sei fatto fotografare al cimitero da loro, ma non ti vergogni, hai reso un sacco di dichiarazioni false, ma non mi stupisce da un vile come te, ma recarti al cimitero – insiste Erika – e farti fotografare è una cosa da indegno quale tu sei”. E ancora: “Ti chiedo per l’ultima volta di smetterla di speculare sulla mia famiglia, di certo così non trovi lavoro, sempre che tu non voglia fare il Grande Fratello. Adesso basta -conclude Erika- spero che tu abbia capito che devi vivere senza continuare a legarti alla mia famiglia ma come Omar Favaro. È ora che tu spenga i riflettori su di noi”.
C’è in quel “noi” usato come pronome personale qualcosa che non torna. Erika ha distrutto la sua famiglia, quella stessa famiglia che oggi difende contro lo “speculatore” Omar. L’ha distrutta con un duplice omicidio efferato, feroce, spietato, per di più immotivato. Se mai esistano dei motivi validi per uccidere, Erika non ne aveva neanche l’ombra.
E tuttavia non si sofferma su questo grande buco nero della sua esperienza di vita. Non si avvicina neanche al tema. Fa finta di essere vittima, insieme alle sue vere vittime, di un estraneo cattivo: l’ex fidanzatino. Scarica su di lui tutto il peso di una mattanza terribile, che resta inspiegabile. Adesso c’è un “noi” e c’è un lui, ma quel noi è finito nel febbraio del 2001.
Erika domani riconquista la libertà e con essa l’umanità piena. Due cose che aveva usato così male da chiedersi come faccia ad andare avanti senza fare i conti fino in fondo con la sua coscienza. Invece, anche qui, dalla lettera ad Omar si sente che due problemi oggi la assillano: i soldi e trovare lavoro. Due cose che le fanno provare invidia per il suo ex fidanzatino e che probabilmente occupano i suoi pensieri da ex carcerata.
La Legge dà a questa ragazza la possibilità di ricostruirsi una vita, di rifarsi una esistenza. Sempre il destino ci concede delle chance, delle opportunità ed è giusto che nessun errore (per quanto orribile, come fu il suo) possa negare l’opzione di ricominciare. La cosa da sperare per lei è che ci sia qualcuno (oltre al padre) che le voglia davvero bene, che non la lasci da sola.
Da sola di fronte al suo dolore e alle sue colpe, alla sua ansia di ricominciare. A lei oggi è concesso quel diritto alla vita, alla felicità, che ha negato a sua mamma e a suo fratello. Chissà se se ne rende conto.