Era distesa in un campo Yara Gambirasio. Senza vita, con gli indumenti che i suoi genitori hanno riconosciuto. Le chiavi di casa ancora in tasca, la sim card e la batteria del telefonino, l’Ipod. Non c’era più la vita, sabato pomeriggio, quando l’hanno trovata. Non c’era più la giovinezza. Queste due cose lui, l’orco, magari con qualche complice, gliele aveva portate via. Via, come il telefonino.
Il male ha compiuto il dramma con un atto finale, da sabato pomeriggio italiano. Un appassionato di aereo modellismo è finito proprio addosso a quei resti ed è ancora sotto choc. La tragedia si è compiuta: il fantasma di questa nostra bambina, di questa nostra figlia che non abbiamo saputo difendere e custodire, non agiterà più le nostre notti. A questa piccina sarà data adesso una sepoltura cristiana, come disse il poliziotto di Taranto allo zio Michele parlando di Sarah. Già Sarah e Yara, il destino comune le ha legate fino alla fine.
Il 26 agosto è sparita ed è morta Sarah. Il 26 novembre è sparita ed è morta Yara. Il 26 febbraio è stato ritrovato il suo corpo. Due ragazzine, senza colpa, per due tragedie immense, che hanno chiuso lo stomaco a tutti gli italiani. Ma a Brembate la storia non è ancora finita del tutto. Manca un colpevole e manca un perché. C’è un orco, che ora è tra noi. Uno di noi che, tre mesi esatti fa, l’ha presa nella sua ingenuità e nel suo sorriso metallico di adolescente buona, anzi buonissima, perfetta nella sua palestra e nella sua scuola.
Gli amministratori del Gruppo per trovare Yara Gambirasio (aperto su Facebook il giorno dopo la scomparsa della tredicenne di Brembate Sopra) ci hanno mandato in redazione questa testimonianza: “Pensiamo a quella ragazzina lì, da sola, a terra, alle sofferenze che ha potuto provare. Ci sentiamo piccoli piccoli. Stiamo cercando di contattare privatamente chi è investito direttamente dal dolore, sono ragazzini… tredicenni anche loro… impauriti dalla vita. Da questa vita. La stiamo vivendo come tutti… con il dolore nel cuore… con l’aggravante di voler fare qualcosa, qualsiasi cosa, per lenire il dolore dei familiari, per fare in modo che non debba più accadere. Ma con la consapevolezza amarissima di essere solo spettatori di un macabro spettacolo. È molto probabile che non ci fermeremo, che faremo pressioni per avere una giustizia giusta, per restituire a Yara la dignità di piccola donna che qualche mostro ha voluto toglierle. Solo assicurare il colpevole alla giustizia potrà darle pace. E forse potrà consolare un pochino la famiglia. Preghiamo per Yara, per la sua famiglia, e ci affidiamo alle forze dell’ordine per continuare a credere in questo Paese. Ciao Yara…
Riccardo, Daniela, Imma, Hadi, Sabrina, Lella, Michele, Ignazio, Veronica, Deborah, Ilenia, Francesca, Agatina, Massimo”.
Non solo i suoi amici di Facebook. Tutti noi vogliamo giustizia per Yara e per piacere le autorità non chiedano più la discrezione, il silenzio stampa, il rispetto della privacy. Magari fino a ieri sacrosante. E smettiamola anche con questa cattiva abitudine italiana dei cronisti che non sanno più esprimere una critica verso chi fa le indagini. C’è una comunità, l’Italia tutta non solo Brembate, che vuole sapere chi e perché ha spezzato così la vita di una ragazzina. Il Mostro marocchino è già stato dato in pasto all’opinione pubblica su questo tema e abbiamo persino anche scontato la, ahimè, necessaria razione di intercettazioni telefoniche fasulle su questo caso. Adesso basta.
L’orco deve essere scovato, trovato e processato. Vogliamo guardarlo in faccia e capire come sia possibile che un uomo, o degli uomini, arrivino a tanto. Usiamo un decimo dello “sproporzionato uso degli strumenti di indagine”, messo in campo in questi mesi per un imputato politico, e tiriamo fuori la verità. Hanno ragione questi ragazzi: il Paese non riuscirà più a credere a se stesso, senza un minimo di giustizia su questo caso. Dovrebbero rendersene conto anche i nostri Presidenti e le nostre Alte Corti, se davvero tengono tanto all’esercizio della giurisdizione nel nostro Paese, dall’alto dei loro palazzi.