Gli atti terroristici che si susseguono contro Equitalia e le sue sedi vanno chiamati con il loro nome. Una bomba è una bomba e non esistono giustificazioni di alcun tipo e anche le parole di un leader politico anomalo come Beppe Grillo possono essere profondamente sbagliate. Da tempo estremisti di varia natura cercano di cavalcare la protesta contro la società statale (Equitalia è al 51 per cento dello Stato) che esige le tasse. È un lavoro odioso ai cittadini, ma è terribilmente necessario, anche a una democrazia, anche a uno Stato di diritto come il nostro.

Sono diversi mesi che insistiamo sulla scarsa responsabilità di chi anima il dibattito pubblico in Italia. A forza di soffiare sul fuoco, ad ampliare il risentimento, a strumentalizzare l’indignazione si rischia di mettere in moto meccanismi difficilmente controllabili. Bisognerebbe che alcuni “cattivi maestri” di questi anni cominciassero a fare i conti con le loro responsabilità dirette ed indirette. Bisognerebbe che l’esame di coscienza iniziasse subito e non quando ci scapperà qualcosa di più grave.

Detto tutto questo, la società che abbiamo costruito rischia di implodere nelle sue contraddizioni: da una parte c’è l’esigenza di una maggiore equità fiscale, perché l’evasione è una piaga che squilibra la nostra convivenza, dall’altra il peso fiscale sulle imprese è generalmente ritenuto troppo opprimente ed esoso. Uno Stato moderno ed efficiente fa pagare a tutti una tassa che non supera il 30 per cento nella sua aliquota più alta, mentre da noi si arriva al 50.

Inoltre c’è un modo ideologico di interpretare la lotta all’evasione fiscale come se fosse una giusta vendetta statale contro chi produce ricchezza. È una sciocchezza perché la ricchezza prodotta dal singolo imprenditore di successo ne produce altra: vanno colpiti i furbi e gli evasori, non i benestanti in quanto tali. Qualsiasi atteggiamento punitivo nei confronti della libera impresa fa scappare capitali ed idee, investimenti e risorse. 

Il controllo fiscale è necessario e persino opportuno. Non solo perché uno Stato in crisi è a caccia di risorse aggiuntive, ma per un fondamentale principio di equità sociale. Non dimentichiamoci che le tasse sono anche uno strumento di redistribuzione sociale della ricchezza, utile alle democrazie. E tuttavia dobbiamo assolutamente togliere alla lotta all’evasione quello spirito di guerra santa, di vendetta fra classi che a volte aleggia. Compresi anche certi commenti ed editoriali.

Chi serve lo Stato esigendo tasse previste dalla Legge svolge un compito amaro, ma indispensabile. Farne un simbolo da abbattere in una nuova stagione terroristica è aberrante e molto pericoloso.