Chi ha vinto il dibattito ieri sera a Sky fra i cinque candidati alle Primarie del Pd? Il padrone di casa è sembrato Pierlugi Bersani. Sempre a lui toccava l’ultima parola, ed anche nel gioco dei contrasti e degli estremismi, è stato il segretario del Pd a lucrare una posizione centrale. Per certi versi ha dimostrato di giocare in casa. Nessuno però ha davvero brillato. Nichi Vendola è stato troppo se stesso, pur sforzandosi di rispondere a slogan sintetici, ogni tanto gli partiva l’estro dell’affabulatore torrenziale. E la sua retorica ha bisogno di palchi da comizio, più che di studi televisivi. Ogni tanto qualcuno davanti alla tv diceva: “A Nichi ma che stai a dì?”. Matteo Renzi è stato esattamente come ve lo immaginate, americano al punto giusto, a suo agio nel tubo catodico (o nei plasma e Lcd dei televisori di oggi). Ma meno sfrontato, meno rottamatore, meno salvatore della patria di come siamo abituati a immaginarlo. Sull’idea dei dieci ministri dieci del suo Governo ideale lo hanno messo in mezzo gli altri candidati. Per il resto è apparso efficace e basta. 

Una buona figura, migliore rispetto alle attese, è stata quella di Bruno Tabacci, già segretario regionale lombardo della Dc di De Mita alla metà degli anni Ottanta, un politico di lungo corso. Occupava la parte relativamente più a destra nel video (e forse anche nelle idee), ma ha svolto il ruolo ormai classico nei talk show politici di questi ultimi mesi: quello del politico che non sopporta l’antipolitica e difende la sacra missione della rappresentatività popolare… Se nel Pdl faranno le primarie, il suo omologo in quel campo è Guido Crosetto. Sanno di economia, fanno gli amministratori, difendono l’idea di un servizio, sono perfetti per la tv… Ma per gli elettori?

Laura Puppato è stata monotona e leggermente burocratica, si è animata solo quando ha capito che la domanda della fan di Renzi alludeva ad un “premio di consolazione” in poltrone del Parlamento, pensato per lei dopo le primarie. E si è offesa. Ma è stato un accenno lieve. I temi della rottamazione, della corruzione, del ricambio della classe dirigente sono rimasti molto sullo sfondo. 

Si è parlato invece molto di tasse (Vendola è per tassare il 75 per cento a chi ha più di un milione di euro di reddito, Puppato per la patrimoniale, Renzi contrario ad ogni altro aumento fiscale, Tabacci per mantenere l’Imu, Bersani a favore di un’ imposta personale sui grandi patrimoni finanziari), di coalizioni, di Europa, di occupazione. 

Difficile trovare argomenti che davvero permettessero distinzioni radicali fra i diversi candidati. È apparso più solido quello che li univa, che i motivi di divisione interna. Sui matrimoni gay Vendola e Puppato si sono pronunciati per il riconoscimento assoluto, adozione dei figli compresa. Tabacci, Renzi e Bersani hanno detto sì alle unioni civili, anche fra omosessuali, ma nessuna concessione sul tema dell’adozione dei figli da parte di queste coppie. 

Un momento cult, quasi esilarante, è stato quello in cui una fan di Vendola ha chiesto conto a Renzi della vicinanza dei suoi con “Oscar Giannetto”, intendendo Oscar Giannino. Lapsus spettacolare e sicuramente irritante per il giornalista economico più dandy del nostro Paese. Sembrava una parodia di Maccio Capatonda. Meraviglioso. Un altro momento cult è stato quello del “Pantheon della sinistra”. I cinque hanno sparato i nomi di un Papa (Bersani ha parlato di Giovanni XXIII che ha cambiato “rassicurando”), di un Cardinale (Vendola ha citato Carlo Maria Martini), di due leader storici (Nelson Mandela by Renzi, Alcide De Gasperi by Tabacci)… Nel dibattito si è citato anche Gandhi. Niente Marx, nei cui confronti, a questo punto, si rischia di essere ingiusti. Niente Obama, che è l’unico democratico che ha vinto recentemente…

Ultimo vero argomento: la coalizione per governare. Tutti pronti, da questo punto di vista, a proporsi come il Governo del Paese: da Tabacci a Vendola. Casini è stato criticato all’unanimità anche se Bersani si è lasciato la porta aperta, o meglio le mani libere per fare accordi con chiunque dopo il voto, a patto che sia europeista e per il risanamento dei nostri conti pubblici. E tuttavia una certa aria di “gioiosa macchina da guerra” si è respirata ieri sera nello studio di X Factor. E questo dovrebbe far riflettere.  

Una riflessione non secondaria va fatta sull’emittente scelta. I colleghi di Sky hanno fatto un ottimo lavoro, anche se i podi in plexiglas così efficienti nei dibattiti tv all’estero, da noi hanno l’effetto tragico della televendita. Ma è umiliante vivere in un Paese dove tutti, ma proprio tutti, paghiamo il canone e poi il servizio pubblico della Rai non esiste. Quando servirebbe. Il fatto che il dibattito fosse anche teoricamente in chiaro sul canale “Cielo” è infatti una foglia di fico. 

Anzi attendiamo con curiosità, stamattina, i dati per capire chi ha visto il dibattito fuori dalla platea degli abbonati a Sky (sei milioni di gente comunque benestante), scegliendo davvero il canale gratuito Cielo sul digitale terrestre. E poi, che ne sanno, secondo voi, un operaio, una massaia, un pensionato di che cosa sia esattamente Cielo?