Due vincitori e tre sconfitti. Il bilancio delle primarie del centrosinistra può essere fatto così. Cominciamo da chi vince. Il primo vincitore è certamente Pier Luigi Bersani. Non solo numericamente, perché in testa al voto popolare. Il segretario del Pd ha avuto ragione a volere fortemente questo appuntamento. Il tempo e i fatti, soprattutto le code ai seggi, il boom della partecipazione dei cittadini, gli hanno reso merito. Passerà comunque alla storia per avere rivitalizzato il centrosinistra in un periodo in cui gli italiani non possono neanche sentir parlare dei partiti tradizionali. Non ha poi avuto paura dello stesso Matteo Renzi, inviso ai vecchi del partito e ai “trinariciuti” (il pronunciamento ad personam e ad excludendum di Susanna Camusso ospite dell’Annunziata, a urne aperte, resterà come la massima testimonianza di questa profonda avversione), pur di rianimare il contatto con la gente.
Il secondo vincitore è lo stesso Matteo Renzi. Impedisce le primarie-plebiscito e una vittoria del segretario al primo turno, ottiene consensi soprattutto laddove il Paese è moderno e produttivo, come nel Nord Italia. Ma miete successi anche nelle regioni cosiddette “rosse”, quelle del buon governo Pd, a dimostrazione che non è poi così di “destra”, come ci si è ostinati a dipingerlo. Un leader che raggiunge il 35% dei consensi non può essere liquidato come un “infiltrato” di Berlusconi. Da domenica è, a tutto tondo, un patrimonio del centrosinistra, difficile da liquidare come fenomeno locale fiorentino.
Poi ci sono gli sconfitti. Ovviamente il primo – e le diverse analisi di ieri concordano su questo – è Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle ha pensato bene di insultare e attaccare gli elettori del centrosinistra, nel giorno del loro voto. Giorno per lui diventato “l’ennesimo giorno dei morti” e il voto “un grottesco viaggio nella follia”. È un attacco più logico di quanto appaia. Il campione dell’antipolitica può essere sconfitto proprio sul terreno della democrazia, della partecipazione. Quello stesso terreno che appare il più terremotato, sempre più infido, a rischio nel mondo grillino. La sua risposta alla crisi della politica è infatti unidirezionale. Il post del suo blog come momento di verità quasi liturgica: il luogo della predica e della scomunica. Ecco perché Grillo sente le primarie del centrosinistra come un fatto ostile, nemico, avverso. E simmetricamente il successo popolare delle primarie sono una botta terribile alla sua credibilità di oppositore anti-sistema, vagamente anti-democratico.
Il secondo sconfitto è Massimo D’Alema, in quanto campione della vecchia nomenclatura. Con lui la Bindi, Fioroni, il già dimessosi Veltroni… I voti che ha preso Renzi al primo turno chiudono diverse carriere personali e una vecchia idea di professionismo della politica, da lasciar gestire alla casta designata. Non tornerà più quell’ancien regime di notabili della sinistra (e forse anche del centrodestra).
Il terzo sconfitto è Nichi Vendola. A parte la fiducia dei pugliesi e in genere del Sud, Vendola si aspettava di più. Immaginava che la crisi economica lo pagasse più direttamente e che il modello Milano-Pisapia, cioè una specie di conquista della leadership dall’estremo e dal passato, funzionasse meglio. Invece non è stato così semplice e oggi Sinistra ecologia e libertà deve per forza di cose stare dentro il centrosinistra, senza averne preso la leadership. Sarà diverso per i suoi elettori, ma è ancora presto par parlarne.