Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Nelle primarie, appena conclusesi con grande successo di pubblico e di critica, si sono fronteggiati due stili, non solo due linee politiche. Due modi. Bersani ha rappresentato la tradizione italiana, bonaria e rassicurante, un po’ Don Camillo (più che Peppone) un po’ Giovanni Rana, con quel riferimento a Papa Giovanni, le lacrime nel salotto di Vespa, la celebrazione della pompa di benzina dove lavoravano i suoi… Insomma “l’usato sicuro”, come ha detto con ironia rincorrendo forse l’immagine da mercato dell’auto lanciata dal rivale. L’Italia si conquista partendo da Bettola. Renzi ha invece tentato la via della giovane speranza, del cambiamento non troppo traumatico, e concreto. Moderno e aggiornato, statunitense nei colori. Il camper ha richiamato Prodi, la camicia bianca Kennedy, la velocità della battuta fiorentina Indro Montanelli. “Rottamazione” è stata comunque la sua parola chiave, mentre l’altra, “Adesso”, è destinata a essere proiettata in un futuro che forse diventerà più stabile.



Antropologicamente, prima ancora che politicamente, si tratta di due universi distinti e anche distanti. Li divide l’anagrafe, ma anche l’immagine della società italiana che da loro traspare. Il partito, il Pd, è l’accidente, mentre la sostanza, per dirla aristotelicamente, è rappresentata dalle loro personalità, che è sbrigativo indicizzare come vecchio e nuovo, sinistra e destra, post comunista e neo laburista. Ci si chiede ora semmai se i due cambieranno nel tempo.



Se Pier Luigi Bersani, ad esempio, avrà una mutazione come accadde a suo tempo a Massimo D’Alema. Il lider maximo, una volta entrato a Palazzo Chigi, scoprì il sarto e le scarpe da un milione di lire (prima dell’euro…), anche se gli è sempre rimasto quell’aspetto da travet che si veste Lebole, anche ora che è una riserva della Repubblica… Se Renzi, allo stesso modo, cercherà poltrone, come capita spesso ai più sinceri innovatori e rottamatori, da Antonio Di Pietro a Gianfranco Fini, facendosi contaminare anche umanamente da quella stessa nomenclatura di Palazzo e di partito che ha combattuto.



In realtà in un’Italia che si rispetti ci stanno tutti e due i tipi umani: piacciono sia il tono sempre diretto, pratico, il buon senso, dell’ormai candidato premier Bersani e la giovinezza, a volte sfrontata, dell’eterno boy scout Renzi. L’importante è che restino così. Almeno per un po’.