Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, ha scritto una colonna sul New York Times a proposito del “miracolo italiano” (qui il testo integrale tradotto). È molto interessante perché analizza con lucidità in poche righe la sostanza della nostra situazione presente e le vere possibilità che il Governo Letta ha di giocare una sua partita. Ovviamente il provincialismo (e gli interessi politici) della nostra stampa hanno impedito la diffusione di queste idee. Proviamo a riprenderne il filo.

Lo spread. La prima importante constatazione di Krugman riguarda proprio lo spread. Prende infatti le mosse dallo studio scientifico più importante prodotto a questo proposito dal professore Paul de Grauwe, consulente di Barroso e docente alla London School of Economics. De Grauwe, che ho avuto la fortuna di incontrare a Londra e di intervistare sui suoi studi realizzando il reportage tv “La Grande Speculazione”, è giunto a delle conclusioni impressionanti. Censurate in Italia (Repubblica, ad esempio, lo ha intervistato prudentemente solo dopo le elezioni politiche) perché mettevano in crisi la vulgata bersanian-montiana, indicavano infatti che la vera regia delle nostre difficoltà finanziarie erano da attribuire a un “panico” scatenato a livello mediatico-politico. E non ai fondamentali della nostra economia. De Grauwe sosteneva ancora: questa crisi finanziaria indotta in Italia dal sistema Euro si tradurrà sempre di più in disoccupazione e problemi nell’economia reale. In qualche modo “provocando” la vera crisi. Fu, ahimè, facile profeta.

La crescita. Dice a questo punto Krugman: stretti dagli obblighi europei dell’austerità che Olli Rehn ripete ogni giorno, l’Italia non dovrebbe avere scampo… E tuttavia avviene il miracolo. Nel momento in cui si allenta la morsa sul debito e non si pensa più a un possibile “default” dell’Italia, e soprattutto appena Mario Draghi, con la Bce, promette di sostenere la nostra liquidità, la situazione cambia. Qui viene dato per acquisito un principio di fondo del pensiero di Krugman: non è vero che se l’indebitamento di un Paese supera il 90% del Pil, quel Paese è in crisi. Dipende se cresce o no.

Il miracolo. Ecco dunque arrivare l’economista americano al concetto di “Miracolo italiano”. Krugman rivendica: negli anni Novanta non sbagliavo quando citavo sempre l’Italia come esempio di Paese che può sopportare un pesante indebitamento pubblico e continuare a crescere. I suoi guai sono iniziati con l’avvento dell’Euro, perché da grande potenza è diventato un Paese del Terzo Mondo. Adesso, dice Krugman, grazie a Draghi, è quasi rientrata nel primo mondo.

In effetti Krugman scrive così oggi anche perché gli ultimi segnali sul fronte finanziario (spread e soprattutto ultime aste di titoli pubblici) sono positivi come non mai dal 2010. Dunque possiamo aggiungere che il quadro della situazione fatto da uno dei più grandi economisti del mondo dovrebbe in certo senso incoraggiarci. Le due grandi differenze di clima dal 2011, l’anno orribile dei nostri conti finanziari, sono l’atteggiamento della Bce (facciamo tutti il tifo per Draghi) e il dibattito sull’austerità europea che sta interessando persino gli gnomi del Fondo monetario internazionale, preoccupati dall’ostinazione della Merkel.

In questi mesi Enrico Letta si gioca dunque un’importante partita: se Krugman ha ragione, il miracolo italiano può ripartire. Facendo tesoro dei tanti errori del passato e sapendo che i vizi di ieri vanno comunque dimenticati e sepolti nell’oblio.