IL “NIET” DELL’ITALIA ALL’INVIO DI ARMI CONTRO LA RUSSIA: CROSETTO CON TAJANI “LA COSTITUZIONE CE LO VIETA”
In principio Stoltenberg (NATO), poi Borrell (UE) e da stanotte anche Biden (Usa): si amplia nel giro di una settimana il consesso dell’Occidente per inviare le armi all’Ucraina dando via libera ad usarle anche in Russia contro gli obiettivi nemici e con esso sale la tensione internazionale su una guerra sempre più “mondiale”. L’Italia, alla guida del G7, resiste e ribadisce con il Ministro della Difesa Guido Crosetto che l’invio delle armi contro un Paese è un atto di guerra che non è permesso dalla nostra Carta Costituzionale.
Intervenendo al convegno nazionale dei Giovani di Confindustria a Rapallo, il Ministro in quota FdI ribadisce chiaro e tondo che ogni Paese ha le sue leggi e le proprie costituzioni: ebbene, «L’applicazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione ci impone dei caveat rispetto all’utilizzo delle armi che diamo all’Ucraina». Crosetto sottolinea come tali armi possono essere usate solo necessariamente per la difesa dell’Ucraina, che ciò implica anche poter colpire i russi «ma solo nel territorio ucraino», ergo «non possono essere utilizzate nel territorio di un altro Paese». L’opinione del Governo italiano, ribadito in questi giorni all’unanimità da tutte le più alte cariche – Premier Meloni e vice Tajani e Salvini – è che l’affondo del segretario generale NATO possa generare più problemi che soluzioni: «parliamo di cose senza precedenti nella nostra storia», ha ammonito ancora Crosetto.
DOPO L’OK DI BIDEN ANCHE LA GERMANIA RACCOGLIE L’APPELLO DELLA NATO. GUERRA A PUTIN SEMPRE PIÙ VICINA?
Il tutto accade mentre a Praga si tiene in queste ore il vertice della NATO, alla presenza per l’Italia del Ministro degli Esteri Antonio Tajani: arrivato in Repubblica Ceca, il leader di Forza Italia ha risposto in merito sulla scia di quanto ancora oggi ribadito dal collega della Difesa Guido Crosetto. «l’Italia aiuta, ha aiutato e aiuterà l’Ucraina a difendere la propria indipendenza, quindi continueremo ad aiutarla. Da un punto di vista finanziario, ma anche da un punto di vista di strumenti militari». Detto ciò, ha poi concluso Tajani, è anche chiaro che «noi non invieremo alcun soldato italiano a combattere in territorio ucraino, così come le nostre armi non potranno essere utilizzate fuori dal territorio ucraino».
Il resto dell’Occidente è spaccato, specie dopo che dalla NATO è giunto l’invito a togliere il divieto di usare le armi Usa-Ue-Uk per attaccare obiettivi in Russia: a Stoltenberg, che non ha fatto altro che riprendere l’invito ciò lanciato a suo tempo da Macron in Francia, ha dato subito corda l’Alto Rappresentate della Politica Estera Ue Josep Borrell, causando una frattura non da poco all’interno dell’Unione Europea. Positivi i Paesi Baltici nel concedere a Kiev l’opportunità di usare le loro armi contro Mosca, nelle ultime ore la Germania ha sciolto le riserve e ha seguito a ruota quanto successo nella notte a Washington: prima infatti arriva dalla Casa Bianca il semaforo verde (senza annunci pubblici ma “spifferi” rilanciati dai media americani) all’utilizzo di armi Usa nel territorio di confine per poter fermare i raid su Kharkiv, poi stamane il portavoce del Cancelliere tedesco Steffen Hebestreit alla DPA conferma che pure Berlino concede l’ok per le armi tedeschi in territorio russo.
ORBAN AVVISA LA NATO: “QUI RISCHIAMO LA GUERRA”, POI DA MOSCA ARRIVA L’ULTERIORE MINACCIA “IL NUCLEARE NON È UN BLUFF”
Stanno destando poi ulteriore polemica le dichiarazioni rese alla stampa all’inizio del vertice NATO dal segretario Stoltenberg, il quale invita l’Ucraina ad utilizzare le armi con “responsabilità”: «gli alleati si aspettano che l’uso delle armi fornite all’Ucraina contro la Russia al di là del confine avvenga in linea con il diritto internazionale e in modo responsabile». Ancora il leader della NATO sottolinea come ogni volta che i mezzi sono stati dati all’Ucraina, «Putin ci ha minacciato, è stato così per i pezzi di artiglieria, i tank, i missili, gli F-16. È la Russia che ha dato il via all’escalation, prima invadendo un altro Paese e ora aprendo il nuovo fronte a Kharkiv».
Mentre da Kiev intanto il portavoce di Zelensky accetta le condizioni poste dagli Stati Uniti per l’utilizzo delle armi in Russia, è dall’Ungheria che giunge un fortissimo avvertimento all’Alleanza Atlantica da parte del Presidente Viktor Orban: «La Nato ‘si sta avvicinando alla guerra‘ ogni settimana di più», attacca il leader di Fidesz in una intervista alla radio di stato ungherese, «i piani per un maggior coinvolgimento della Nato in Ucraina sono assurdi come quelli di un vigile del fuoco che cerca di spegnere un incendio con un lanciafiamme». Secondo Orban, è assurdo che la NATO, invece che puntare al suo obiettivo di origine, ovvero la difesa dell’Occidente, rischia in questo modo di «trascinarci in quanto Stato membro in una guerra mondiale». Come spesso è accaduto dall’inizio della guerra in Ucraina, la voce più ostile al dialogo con l’Occidente è quella dell’ex Presidente Dmitry Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza: dopo il via libera di diversi Paesi all’uso di armi contro la Russia, il collaboratore di Putin fa sapere che «La minaccia nucleare russa nei confronti dell’Ucraina non è un bluff o un’intimidazione», ma un preciso calcolo per difendersi dalle possibili azioni dell’Ucraina. Ad oggi, conclude Medvedev, la guerra fra Russia e Occidente si sta profilando nello scenario peggiore e dunque «nessuno può escludere che si possa arrivare all’ultima fase perché si è verificata una grave escalation». Nel grande caos internazionale, ieri è risuonata ancora la voce del Vaticano che pone forte richiamo alle mosse della NATO per non accelerare una escalation altrimenti incontrollabile: il Segretario di Stato Card. Parolin ha sottolineato come la Chiesa sia ancora per la pace, ma la prospettiva internazionale «è davvero inquietante».