Oggi – salvo improbabili colpi di scena – il Csm si riunirà per formalizzare due incarichi fra i più importanti dell’ordine giudiziario. Pietro Curzio, attuale presidente della prima sezione della Corte di Cassazione, è in predicato per la prima poltrona della Suprema Corte: nei giorni scorsi è stato indicato dalla quinta commissione del Csm, preposta alla selezione dei candidati per gli incarichi direttici. Assieme a lui, la commissione ha proposto come presidente aggiunto della Cassazione Margherita Cassano, attualmente presidente della Corte d’Appello di Firenze.
Il Csm si riunirà sotto la presidenza di Sergio Mattarella, il quale – secondo gli annunci – ospiterà al Quirinale l’organo costituzionale di autogoverno dei magistrati. L’evento è formalmente di prassi. il Capo dello Stato presiede il Csm e il livello delle nomine giustifica la sessione nella sede della Presidenza. Il vertice della Cassazione, anzitutto, viene sostituito senz’alcuna “vacatio” (il presidente uscente, Pietro Mammone, va in pensione venerdì 17). Ed è difficile non cogliere il desiderio di Mattarella di rendere visibile un presidio particolarmente stretto di Csm e magistratura: che il “caso Palamara” ha gettato nel caos.
Nel merito, le designazioni di Curzio e Cassano sembrano avere tutti i connotati utili per segnare un tentativo, pur faticoso, “ritorno alla normalità”. La nomina di Curzio – che appartiene alla corrente di Area (sinistra) – appare in realtà parecchio “tecnica”: il magistrato è in servizio in Cassazione da ben 13 anni. La stessa Cassano – prima donna chiamata al grado – ha trascorso molti anni presso la Suprema Corte. Ha come riferimento Magistratura Indipendente, la corrente più moderata in Csm: cresciuta di peso sotto la guida di Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia in tutti gli ultimi governi di centrosinistra. Ferri, coinvolto nel “caso Palamara”, ha dovuto dimettersi giusto negli ultimi giorni dall’Associazione nazionale magistrati.
La commissione Csm che ha designato Curzio e Cassano ha anche provveduto a indicare quattro componenti “supplenti” della sezione disciplinare del Consiglio: chiamata non solo a procedere contro Palamara, ma anche a valutare le posizioni di decine di magistrati che le intercettazioni dell’inchiesta avviata dalla Procura di Perugia hanno rivelato intrattenere rapporti potenzialmente impropri con il magistrato calabrese.
Il momento della verità, per la magistratura italiana, si avvicina: anche se lo scenario si profila incerto. Mattarella ha escluso di poter e voler sciogliere il Csm, ma ha invitato la magistratura a una svolta reale: per cancellare tutte le opacità legate non solo al caso Palamara. ma anche – recentemente – al “caso Esposito-Berlusconi”. Non è un mistero che il Quirinale guardi a una riforma effettiva del Csm: che tuttavia non potrà realizzarsi se non d’iniziativa del ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede (a sua volta colpito dal “caso Di Matteo” e dai controversi provvedimenti di scarcerazione di boss mafiosi durante l’epidemia). Naturalmente nessuna riforma che tocchi l’autogoverno di giudici e pm può concretizzarsi senza un confronto con la magistratura stessa. E l’esito di questa specifica emergenza-Paese non sarà estraneo alla complessa congiuntura politica nazionale.