Su Il Giornale si legge una forte critica alla riforma del Csm che Alfonso Bonafede ha fatto esaminare lo scorso mercoledì ai partiti della maggioranza: nel vertice convocato, il ministro della Giustizia ha presentato una bozza di modifica al Consiglio Superiore della Magistratura, a seguito dell’ormai nota vicenda che ha colpito l’ex magistrato Luca Palamara in merito alle intercettazioni pubblicate. Ebbene: una riforma era necessaria e il piano per essa c’è ma, come si legge sul quotidiano, ci sono anche tanti dubbi perché, pare, questa modifica darebbe ancora più potere al Csm indebolendo invece le Procure della Repubblica, che solo poco tempo fa avevano ricevuto piena autonomia nei loro poteri. Andiamo però per gradi: l’articolo 20 introduce un massimale salariale agli stipendi dei consiglieri e al 21 si legge invece che un magistrato non possa proporre domanda per un ufficio direttivo o semidirettivo “prima che siano trascorsi quattro anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura”.
LA RIFORMA DEL CSM
Per il resto tuttavia abbiamo l’articolo 3, che secondo Il Giornale compensa ampiamente quanto sopra: nella bozza si legge infatti della regolamentazione dei rapporti tra il Csm e le Procure della Repubblica, e al Consiglio viene dato un potere di supervisione e controllo sul funzionamento degli uffici che rappresentano la pubblica accusa sul territorio. Tra questi poteri, sono compresi anche gli strumenti che garantiscono i9l controllo delle inchieste. Di conseguenza, si dice, le Procure della Repubblica saranno nuovamente soggette alle decisioni del Csm; si tratta anche di un provvedimento particolare perché riguarda un tema che nei giorni scorsi non era stato toccato, ma che venendo inserito nella riforma la renderebbe più digeribile all’Associazione nazionale magistrati. A proposito delle discussioni della bozza, non si parla assolutamente della separazione delle carriere: è scomparso il comma che avrebbe dovuto limitare il costante passaggio tra la carriera di pm e quella di giudice.
Non solo: a rafforzare questo concetto, è scomparsa anche la distinzione tra le due cariche e si parla in maniera generica di “magistrati”. Sul sistema elettorale è cambiata solo l’introduzione delle quote rosa, perché qualora il votante metta due nomi sulla scheda, questi non potranno essere dello stesso sesso. A proposito di questo, c’è anche il doppio turno ma anche questo è criticato: i magistrati voteranno in 19 piccoli collegi più due centrali esprimendo un massimo di tre preferenze, si andrà al ballottaggio tra i primi due candidati se nessuno raggiungere il 50% e, viene anticipato, questo sistema permetterà di accordarsi per far convergere i voti sul candidato più forte, dando così al Csm il pieno controllo delle correnti dominanti. Aumentano i componenti (da 24 a 30) ma non potrà più essere votato chi nei 5 anni precedenti sia stato deputato, senatore, consigliere regionale o sindaco: così, viene eliminata anche la componente partitica.