La Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha confermato sostanzialmente in toto l’ultima riforma Bonafede – stilata dal precedente Governo – che punta a riformare il Consiglio Superiore di Magistratura dopo il “caso Palamara” nei mesi scorsi e dopo le diverse dimissioni/rimozioni nell’organo controllore dei magistrati italiani. Ebbene, secondo il retroscena di Repubblica a firma Liana Milella, ci sarebbe in corso una vera e propria guerra in seno al Csm dopo la presentazione di un parere-giudizio di ben 200 pagine (divise in 6 capitoli) che decostruiscono la legge dell’ex Guardasigilli in quota M5s.



Legge elettorale per il Csm, futuro dei magistrati in politica e nomine, organizzazione degli uffici, valutazioni della professionalità dei colleghi: la riforma è a 360° ma sembra non convincere affatto la maggior parte dei magistrati che sarebbero arrivati alla “spaccatura” nel procedere con il giudizio inviato al Ministero della Giustizia. Il sistema di sorteggio dei magistrati per provare a “neutralizzare” le correnti tra i magistrati è il punto più “caldo”, ma non è l’unico: la Ministra Cartabia avrebbe chiesto un’accelerazione sulla riforma per preparare tanto il vertice Csm del 23 marzo prossimo (presente Mattarella, Presidente Csm) quanto per il Recovery Plan da presentare entro il 30 aprile e contenente una parte consistente sulla riforma della giustizia civile e penale italiana.



CAOS CSM, COSA STA SUCCEDENDO

Secondo Repubblica, i 7 consiglieri ‘laici’ del Consiglio Superiore Magistratura indicati dal Parlamento – 2 da Forza Italia, 2 dalla Lega, 3 da M5S – contestano agli altri 16 togati di voler mantenere in piedi un Csm «con un forte strapotere sulla magistratura, e nel quale il sistema delle correnti di fatto continua ad avere un peso, nonostante il caso Palamara». La riforma Bonafede impone invece criteri molto rigidi per le valutazioni delle professionalità, per le nomine e per lo stesso accesso elettorale al Consiglio: per questo motivo, spiegano i togati del Csm nel parere finale sulla legge, «il piano Bonafede è anticostituzionale». Alla legge Bonafede – in sostanza – si rimprovera di essere così specifica e rigida «da ridurre al minimo, fino quasi ad eliminare, il potere decisionale e discrezionale del Csm».



Feroci le critiche del togato Sebastiano Ardita sulla nuova legge elettorale per il Csm – sistema maggioritario uninominale, con doppio turno e preferenze plurime, garantita la parità di genere, organizzato in 18 colleghi per «assicurare la prossimità del candidato all’elettorato mediante una contiguità territoriale per depotenziare l’influenza delle correnti» – con l’obiettivo di tale legge che punta ad eleggere magistrati «scelti dai colleghi della porta accanto, e non dalle correnti, sulla base della stima personale e di un programma culturale individuale, e non del sostegno elettorale dei gruppi associativi e di un programma comune ai diversi candidati».