La riunione del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) si è conclusa con il via libera degli esperti alle indicazioni contenute nella circolare del ministero della Salute sull’utilizzo anche nelle scuole dei tamponi rapidi “per la sola attività di screening”. Si tratta degli ormai celeberrimi “test antigenici” rapidi impiegati finora negli aeroporti sempre per monitoraggio sui grandi numeri di persone. La caratteristica principale di questo tipo di esame è sicuramente la rapidità con cui si ottiene un risultato rispetto alla condizione del soggetto che vi si sottopone rispetto al classico tampone orofaringeo. Fondati sulla rilevazione di proteine virali (antigeni) presenti nelle secrezioni respiratorie, essi hanno però una accuratezza inferiore nell’individuazione degli infetti: la loro sensibilità secondo i produttori sarebbe dell’80/85%. La precisazione del CTS sull’autorizzazione dei test rapidi nelle scuole “per la sola attività di screening” è volta a sottolineare che l’esame diagnostico per eccellenza rimane il tampone “tradizionale” che ha una sensibilità del 98% e in laboratorio impiega da 2 a 6 ore. I tamponi rapidi potranno però consentire di capire con rapidità se a scuola ci sono o meno studenti affetti da Covid-19. (agg. di Dario D’Angelo)
RIUNIONE CTS DECISIVA PER SCELTA SU MES?
E’ attesa per la giornata di oggi la riunione del Cts, il comitato tecnico scientifico, con l’obiettivo di attuare le migliori strategie in vista di una probabile seconda ondata di coronavirus. Un incontro decisamente importante, visto che, voci di corridoio, raccontano che dall’esito della suddetta riunione, dipenderà o meno la decisione del governo di attivare il Mes, il famoso Fondo salva stati che ormai da mesi divide in due la politica. In attesa di novità da questo fronte, sono emerse alcune indiscrezioni sempre riguardanti la riunione di oggi del Cts, e pare che fra i tanti argomenti di discussione vi saranno anche i tamponi rapidi, con l’esito nel giro di 20-30 minuti, nelle scuole. Stando a quanto riferisce Repubblica, il Comitato tecnico scientifico avrebbe dato il suo personale lasciapassare, e di conseguenza sarebbe già pronta l’ordinanza del ministro della salute sul loro utilizzo. Da tempo si chiede l’introduzione di questi test veloci, utilizzati al momento solo negli aeroporti, e finalmente la situazione sembrerebbe essere arrivata ad un punto di svolta. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
CTS, OGGI RIUNIONE SU OSPEDALI PER SECONDA ONDATA COVID, MAPPA POTENZIALI CRITICITÀ
Il Comitato tecnico scientifico torna a riunirsi oggi, martedì 29 settembre 2020. All’ordine del giorno c’è un’analisi molto delicata, quella della distribuzione dei posti letto sul territorio nazionale. Va definita infatti una mappa delle potenziali criticità per farsi trovare pronti in caso di nuova ondata. Dunque, l’attenzione degli esperti si concentra sugli ospedali per evitare che la situazione nelle corse, in particolare nelle terapie intensive, sfugga di mano. Anche per questo motivo recentemente il Cts si è espresso negativamente riguardo l’aumento del pubblico negli stadi al 25%. Le trasferte in massa dei tifosi di calcio e altri sport renderebbe impossibile il tracciamento dei contagi, quindi i malati tornerebbero ad affollarsi negli ospedali. A tal proposito, in diverse città sono stati riaperti i reparti Covid e si sono riattivati i letti di terapia intensiva. La curva epidemica sta lentamente crescendo, quindi sta salendo anche il numero dei casi gravi. Il Giornale ha fatto l’esempio dell’ospedale Niguarda, che a fine giugno aveva festeggiato la chiusura dell’ultimo reparto di intensiva dedicato al Covid. Ebbene, in questi giorni ha riaperto. I numeri non sono allarmanti, ma la ripresa prevista per la stagione fredda è cominciata.
CTS, OGGI RIUNIONE SU OSPEDALI: SUD IN RITARDO?
L’analisi odierna del Comitato tecnico scientifico è, dunque, importante per capire se e quali regioni sono in grado di affrontare un’eventuale seconda ondata di coronavirus. Quando è stato scoperto il primo caso in Italia, c’erano 5.100 posti letto in terapia intensiva. La risposta quando nel pieno dell’emergenza si sono saturati i reparti è stata breve, soprattutto nelle regioni più colpite come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Così si è saliti a oltre 9mila posti. Ma è pur vero che le regioni colpite duramente dalla prima ondata di Covid-19 sono quelle con una situazione sanitaria solida, mentre al Sud la situazione è ben diversa. Come riportato da Il Giornale, la Sardegna ha un centinaio di posti in terapia intensiva, ma in caso di bisogno si potrebbe andare oltre i 160. Eppure il direttore sanitario dell’ospedale Covid di Cagliari, Sergio Marracini, una settimana fa ha lamentato che gli 8 posti disponibili per pazienti Covid erano esauriti, quindi doveva occupare la seconda terapia intensiva che doveva accogliere i no Covid. Il rischio è di dover sospendere le altre attività in caso di crescita esponenziale di casi. Preoccupa anche la Campania, dove si dovrebbe arrivare a 600 posti in terapia intensiva, mentre nel Lazio a 700. Se nella prima ondata siamo stati colti impreparati, non possiamo permetterci leggerezze ora che sappiamo dove ci può portare il Covid.