Sono state rese note le motivazioni della sentenza del caso Cucchi relative alla condanna di 8 militari dell’Arma accusati di aver tentato di insabbiare e sviare le indagini dopo la morte del trentenne romano. Ebbene, secondo il giudice del tribunale di Roma, è andato in scena un depistaggio orchestrato ai più alti livelli per allontanare il sospetto di un coinvolgimento dei carabinieri e per salvare la propria carriera.



Nuovi passi in avanti su uno dei casi processuali più mediatici degli ultimi anni. Ricordiamo, infatti, che per la morte di Stefano Cucchi sono stati condannati due carabinieri per omicidio preterintenzionale a 12 anni di galera. Tornando al depistaggio, tutto è stato infiocchettato affinchè “l’immagine e la carriera dei vertici territoriali e, in particolare, del comandante del Gruppo Roma, Alessandro Casarsa, non fosse minata”. Quest’ultimo è stato condannato a 5 anni, mentre gli altri sette carabinieri coinvolti sono stati condannati per i reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia.

DEPISTAGGIO CASO CUCCHI, LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Soffermandosi sulle note di servizio modificate, il giudice ha spiegato che tutti gli imputati “avevano la consapevolezza che, attraverso le condotte da ciascuno poste in essere, si giungeva alla modifica e all’alterazione del contenuto delle annotazioni, consentendo così di rappresentare un Cucchi che stava male di suo, perché molto magro, tossicodipendente, epilettico”. Nelle motivazioni della sentenza, viene inoltre rimarcata l’attività di depistaggio realizzata anche dopo la morte di Cucchi, per la precisione “nel 2015, nel contesto delle nuove indagini della Procura di Roma, finalizzate a celare quelle di falso risalenti al 2009”. E ancora, i fatti risalenti al 2018, nel corso del dibattimento del processo Cucchi bis, con l’obiettivo di “svilire la credibilità di Riccardo Casamassima, teste rilevante per l’ipotesi accusatoria”. Per il giudice si è trattato di un tentativo pervicace di ostacolare le indagini e la giustizia proseguito per diversi anni. “Questa sentenza è la storia della nostra viva: ci sono stati momenti difficili, ma non ci siamo mai arresi e oggi la verità è scritta nero su bianco”, le parole di Ilaria Cucchi riportate da La Stampa: “La speranza è che questa sentenza possa aprire la strada a tanti altri Stefano che rischiano di non avere giustizia. In questo momento il mio pensiero va a lui e voglio dirgli ‘fratello mio, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta’”.

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