Certe volte sembra che l’Italia sia il luogo del tema sbagliato. Così, ad esempio, la prima della Scala, tempio nazionale e mondiale della lirica, il 7 dicembre mette in scena La forza del destino di Giuseppe Verdi, a poco più di una settimana di distanza dal centenario di Giacomo Puccini, il 29 novembre. Sbagliare argomento implica occasioni mancate: si pensi che guadagno avrebbe potuto essere, per Puccini e per la cultura italiana, se gli si fosse stata dedicata la prima. Invece niente.
La stessa impressione l’ha data la fiera Più libri più liberi, che domenica ha chiuso i battenti a Roma dopo quattro giorni che hanno visto l’avvicendarsi di 1.200 ospiti in circa 700 incontri e la partecipazione di più di 500 piccoli e medi editori. La fiera del libro di Roma si differenzia infatti dalle altre, ad esempio dal Salone di Libro di Torino, perché riservata agli editori medi e piccoli, con esclusione delle grandi sigle aziendali e industriali del libro: le due categorie di editori si spartiscono più o meno al 50 per cento il mercato del libro. Accade insomma nel campo dell’editoria come nel resto dell’economia mondiale: pochi individui detengono molta ricchezza, e il resto è spartito tra innumerevoli, microscopiche realtà. A dire il vero il sottotitolo della fiera sarebbe quello di “editoria indipendente”; ma quando al padiglione superiore si incontra lo spazio conferenze del quotidiano Repubblica come punto centrale e più ampio delle restanti sale e degli altri stand, qualche dubbio sovviene, sia sul piccolo-medio che sull’indipendenza.
In realtà l’indiscutibile ricchezza di presenze ed eventi a Roma è stata offuscata dal peccato originale della polemica che ne ha aperto le porte. Per giorni non s’è parlato d’altro, benché molto altro ci fosse, e neppure a conti chiusi il fatto smette di essere ripreso in ogni articolo. Pur essendo una manifestazione presieduta da Annamaria Malato e diretta da Fabio Del Giudice, il programma di Più libri più liberi è infatti affidato a Chiara Valerio, narratrice, recente finalista del Premio Strega, ma soprattutto capofila della cultura woke, testimonial della lotta per i diritti, soprattutto delle donne, portavoce della linea principale che va dal politicamente corretto alla revisione grammaticale dei suffissi maschili e femminili; una Michela Murgia duepuntozero, insomma, alla quale naturalmente è stato dedicato il sontuoso incontro di chiusura.
Peccato che la Valerio abbia steccato da subito, invitando ad un dibattito, lei presente, il filosofo Leonardo Caffo, che è stato imputato di maltrattamenti nei confronti della sua ex. Ovviamente si sono aperte le cateratte della polemica, le ritrattazioni, le scuse, a cominciare da Chiara Valerio, che inizialmente si è aggrappata con le unghiette allo specchio del garantismo e della presunzione d’innocenza, poi ha dovuto cedere, annullando la presenza dell’amico filosofo alla kermesse romana (qualcuno ha parlato persino di “amichettismo”). Nel frattempo l’onta ha sollevato risentimento e rinunce alla partecipazione di alcuni personaggi importanti, come ad esempio il famoso cartoonist Zerocalcare, idolo dei fumettari, che però, alla fine, alla fiera ci è venuto.
Insomma, delle tante cose successe a Roma, anche di grande interesse, questo argomento ha preso la scena, oscurando tutto il resto. Poco importa chi avesse ragione o come sia finita: come per Puccini e la Scala, è stata un’occasione mancata. Peccato, perché di incontri interessanti ce ne sono stati. Certo, molti sulla condizione femminile, con la presenza da conduttrice spesso della Valerio stessa; Saviano, che ha fatto i capricci per la mancata convocazione alla fiera di Francoforte, s’è preso il suo bagno di folla ed era facile incontrarlo tra gli stand a far selfie e ricevere omaggi dal pubblico.
Ma nel programma c’è stata anche un’interessante fetta di eventi dedicati, ad esempio, ai lettori piccoli e giovani, con spazi e incontri ben pensati per i ragazzi che nei primi due giorni, quelli scolastici, hanno invaso i padiglioni della “Nuvola” dell’Eur, dove la fiera è da sempre accasata. Si è fatta vera cultura, parlando di scrittori come Simone Weil, Tommaso Landolfi, Gustave Flaubert, Friedrich Durrenmatt, Anna Maria Ortese, Michel Houellebecq e David Foster Wallace, tra gli altri. I piccoli editori, che stipavano il piano terra, hanno davvero potuto avere un incontro ravvicinato con i lettori, così rari e importanti, e il consuntivo di vendite registra un pareggio di bilancio con le edizioni precedenti, dato colto come molto positivo nei tempi di magra che viviamo: persino il Censis, che ha pubblicato il rapporto proprio nei giorni della fiera della piccola editoria di Roma, dice che siamo più ignoranti, che leggiamo meno, e poi più delusi, sterili, demotivati, pessimisti.
Ancor di più, quindi, un evento del genere ha grandi potenzialità di circolazione di idee, ascolto di chi spesso fatica a farsi notare, originalità di proposte, coraggio, iniziativa. Ai piccoli editori, ai loro scrittori e lettori occorreva, almeno per quattro giorni, lasciare davvero tutto lo spazio e il tempo. Chissà se la lezione porterà frutto nella prossima edizione, prevista nel 2025 per gli stessi identici giorni, quando a curare il programma ci sarà… Chiara Valerio.
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