Un letterato e uno scienziato che si confrontano a partire da Dante Alighieri: un’accoppiata inusuale e un incontro ancor più inatteso se ad ospitarlo è una facoltà scientifica. Tuttavia l’aula 200 del Settore Didattico dell’Università degli Studi di Milano era gremita di studenti, la scorsa settimana, per ascoltare Marco Bersanelli, ordinario di Astronomia presso l’ateneo milanese, ed Edoardo Rialti, Docente di Letteratura Italiana – Istituto Teologico di Assisi, in dialogo nell’incontro “Interrogare Dante per fare università”, organizzato dall’associazione di studenti “Cultura Matematica”.
In apertura proprio una studentessa, Brunella Spinelli, ha spiegato come l’iniziativa sia nata dalla sensazione, quasi di fastidio, provata di fronte alla necessaria specializzazione richiesta dalla matematica e dalla scienza moderna. Durante gli anni di studio e nella ricerca ci si trova progressivamente ad occuparsi di un ambito sempre più particolare, fino a studiare un singolo problema. Non si perde qualcosa? Con questa e altre domande sono stati provocati i due relatori, che si sono confrontati con la figura e l’opera di Dante, un uomo appassionato a tutta la vita (non a caso qualcuno ha definito la Commedia un’opera totale).
Rialti ha iniziato inquadrando la fisionomia di Dante, un personaggio che si può definire “un perdente”: esiliato dalla città natale, figlio della Chiesa ma in contrasto con il Papa, sostenitore di un imperatore che non si rivelò all’altezza del suo compito, la donna amata morta a solo 19 anni.Eppure, questo personaggio nella Commedia si presenta così per bocca di Beatrice: “la Chiesa sulla Terra non ha un figlio più pieno di speranza di costui”.
Da dove può nascere una tale speranza? Lo studioso ha quindi riletto il primo canto della Commedia, paragonandolo con la propria vita, perché “la pretesa della Divina Commedia è di indicare, raccontare qualcosa che sia profondamente vero per la vita di ciascuno di noi”.
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Nel mezzo di una vita “riuscita, ma infelice perché frammentata”, sono comparsi tre maestri (Tolkien, Lewis e Chesterton) che gli hanno fatto la stessa proposta di Virgilio a Dante: è possibile diventare felici. L’uomo può decidere di muoversi solo perché qualcuno si muove prima di lui: Virgilio è stato mandato in soccorso di Dante da Beatrice, la donna che lui ha amato in vita. Racconta Dante nella Vita Nova che ha iniziato a vivere davvero da quando lei gli ha sorriso. “Beatrice è un miracolo, cioè attraverso di lei egli sa che Dio c’è e che lo ama”. Dante ci dice che “i punti che ciascuno ama sono i punti per ripartire e fare il viaggio fino al cuore della realtà. Vale sempre la pena interrogare e seguire le circostanze che entrano nella nostra vita come promessa d’amore”.
Anche Bersanelli è partito dalla sua personale esperienza, raccontando come durante gli anni del liceo, accanto alla passione per l’astrofisica presente fin dall’infanzia, comparve un entusiasmo per la letteratura e per Dante in particolare. La scelta di studiare fisica sembrava una rinuncia davanti a questo entusiasmo. Eppure il suo amore per Dante non è mai venuto meno: “se un interesse è vero, non muore mai”. Anzi, è proprio alla luce del suo lavoro di scienziato che rileggendo la Commedia si è accorto del modo acuto e intelligente in cui Dante legge alcuni fenomeni naturali e descrive la struttura dell’universo.
Per rispondere alla provocazione iniziale, l’astrofisico ha letto dei passi dal 1° canto del Paradiso. “L’esperienza di essere presi in un particolare riguarda la vita in tutti i suoi aspetti”. È vero per ciò che si studia, per la tesi; ma è vero persino nel rapporto affettivo: uno lega la propria vita ad una precisa persona. Significa allora che siamo fatti per qualcosa di limitato? “La gloria di colui che tutto move/ per l’universo penetra, e risplende/ in una parte più e meno altrove”. Per Dante tutta la realtà è pervasa dalla presenza del divino, eppure non è tutta uguale: noi stessi ci accorgiamo della realtà proprio perché non è indistinta e siamo attratti da alcune cose piuttosto che altre (quella ragazza, quel problema …).
Noi non siamo fatti per qualcosa di finito: siamo fatti per l’infinito e il fastidio che uno vive è proprio per lo struggimento che nel particolare di studio sia possibile toccare tutto l’universo. Rileggendo Dante, Bersanelli ha lanciato una grande sfida: “il fare ricerca può cambiare; da sforzo solitario può diventare occasione di incontro con un volto. Superare la specializzazione non è sapere tutto, ma avere un cuore che in un particolare vede il segno del significato di tutta la realtà. Perché quello che studia un altro io non lo capirò mai fino in fondo (perché non me ne occupo all’interno della mia ricerca), ma sarà un contributo allo sguardo di tutti noi, di fronte alla realtà. Dante insegna a noi moderni la chiave per la nostra strada di conoscenza del futuro”.
(a cura di Giovanni Rosotti e Luca Bonanomi)