Siamo in una fase di … accelerazione delle novità all’acceleratore di particelle LHC del Cern di Ginevra. Solo nelle ultime settimane abbiamo sentito la notizia della produzione di alcuni atomi di antimateria, poi è arrivata la prima zuppa di quark e gluoni e venerdì scorso, dall’esperimento denominato ATLAS, è stata segnalata l’osservazione di jet asimmetrici durante le collisioni tra nuclei di piombo.



La curiosità, anche dei profani, cresce. Per approfondire la questione, ilsussidiario.net ha raggiunto – in occasione dell’incontro tempestivamente promosso dal Centro Culturale di Milano e dall’Associazione Euresis – due scienziati che conoscono bene sia la “macchina” LHC sia la scienza che ci si può fare: Lucio Rossi, responsabile dei magneti superconduttori del Cern, e Fabiola Gianotti, che dirige proprio la collaborazione ATLAS (acronimo di A Toroidal Lhc ApparatuS; ma è anche il nome latino di Atlante, il gigante sostiene l’universo) con i suoi quasi 3.000 ricercatori distribuiti in tutto il mondo.



Rossi è un grande conoscitore del Large Hadron Collider (LHC, per l’appunto), la macchina che accelera due fasci di particelle pesanti e le fa collidere; lui si occupa in particolare dei magneti superconduttori. Tali magneti sono fondamentali per curvare il fascio e far girare le particelle nel grande anello di ben 27 km in cui è alloggiato l’acceleratore. Per realizzare questi magneti sono state utilizzate tecnologie di punta.

«I magneti dipolari di LHC sono di tipo superconduttore. In pratica possiamo far scorrere correnti elevatissime senza che esse dissipino energia, come invece accade nei normali materiali. Perché questo sia possibile dobbiamo però raffreddare i magneti a temperature prossime allo zero assoluto, più fredde anche del vuoto interstellare». Il dispendio energetico per portare 40.000 tonnellate di materiale a queste temperature è elevato, ma se si fossero utilizzate tecnologie convenzionali sarebbe servita una centrale nucleare per alimentare il Cern.



Questo della superconduttività è solo uno dei campi dove il Cern è all’avanguardia; grazie all’attività di ricerca di base sono nate infatti svariate applicazioni tecnologiche, prima tra tutte quella grazie alla quale state leggendo questo articolo : il World Wide Web, WWW, è nato infatti al Cern nel 1989. «Si fa bene tecnologia al Cern perché qui abbiamo una molla: la passione per la conoscenza».

Già, perché come sottolinea Gianotti, «la missione fondamentale del Cern è la scienza. Per questo si tenta un’impresa così grandiosa. È la sete di conoscenza che ci spinge: il modello standard, la teoria migliore oggi esistente per descrivere il mondo delle particelle, funziona bene, ma presenta ancori tanti punti interrogativi». Perché le particelle hanno massa? Di cosa è composta la materia oscura? Perché il mondo è fatto di materia e non antimateria? «Queste sono solo alcune delle domande, cui LHC permetterà (speriamo) di dare delle risposte». Per rispondere è necessario osservare i risultati delle collisioni, utilizzando dei rivelatori; LHC ne ha quattro: uno di questi è ATLAS, di cui la Gianotti è responsabile.

Oggi LHC, pur non avendo ancora raggiunto il pieno regime di energia, sta funzionando meglio di quanto ci si aspettasse. Nell’anno passato ci si è occupati di testare il suo funzionamento nei livelli della materia già esplorati in passato e sono state riosservate le particelle scoperte negli ultimi decenni; ora ci si sta avventurando in una fisica nuova. In particolare al momento la macchina sta accelerando ioni di piombo anziché i protoni che lo impegnano la maggior parte del tempo.

L’obiettivo è ricreare le condizioni esistenti nell’universo primordiale, congiungendo così l’infinitamente piccolo (la fisica delle particelle) con l’infinitamente grande (la storia dell’universo). Negli scontri tra nuclei di piombo, che contengono ciascuno 82 protoni e 126 neutroni, insieme alla materia densa che è prevista formarsi a seguito di queste collisioni, possono essere prodotti anche una coppia di quark e gluoni (i gluoni sono particelle responsabili della forza nucleare forte che tiene uniti i quark nelle particelle pesanti) altamente energetici, che danno luogo a due getti di particelle.

 

Questi due getti dovrebbero essere emessi in direzioni opposte ma con uguale energia. ATLAS nei giorni scorsi ha selezionato e studiato gli eventi caratterizzati da un getto altamente energetico e, sotto gli occhi stupiti della Gianotti e dei suoi colleghi, è emerso che tale getto non sempre era bilanciato da uno simmetrico nell’emisfero opposto.

Una possibile spiegazione è che si stia assistendo alla formazione del cosiddetto quark-gluon plasma (QGP), uno stato completamente diverso da quello abituale della materia, che secondo alcuni calcoli era presente nell’universo primordiale. Un’ipotesi suggestiva, ma ancora da verificare, è che si sia in presenza del fenomeno cosiddetto di "jet quenching" (o attenuazione dei getti) prevista da Bjorken nel 1982. Quanto più centrale è una collisione, tanto più probabile è il formarsi del QGP e ci si aspetta che i getti vengano attenuati mentre si propagano attraverso il QGP, dando così luogo all’asimmetria misurata. Quindi l’osservazione della asimmetria può essere messa in relazione con la formazione del QGP.

Siamo quindi in presenza degli indizi di una “nuova fisica”? La reazione della spokeperson di ATLAS è un mix di entusiasmo e prudenza: «Non posso dire che si tratti effettivamente del QGP, è ancora troppo presto; come fisico sperimentale posso però dire che non si tratta di un problema causato dal rilevatore, non è un artefatto strumentale: è davvero l’altro getto che manca di una parte dell’energia».

È solo uno, insomma, dei passi di conoscenza che LHC permetterà di fare. Certi che, comunque, «quello che sappiamo è solo una goccia, quello che non sappiamo è un oceano», conclude la Gianotti citando Newton. «La realtà è sempre più semplice ed elegante delle nostre elucubrazioni. La posizione che dobbiamo tenere è quella dell’umiltà».

(a cura di Mario Gargantini e Giovanni Rosotti)