IL DELIRIO WOKE DELLA PARLAMENTARE UE TEDESCA CONTRO LE ORIGINI DELLA CULTURA EUROPEA

Quando il filosofo Remi Brague solo qualche giorno fa provava a “destare” l’attenzione in Europa contro i pericoli della woke culture ancora non aveva visto probabilmente l’ultima risoluzione approvata in Parlamento Ue, presentata dalla presidente della Commissione Cultura Sabine Verheyen (Cdu-Ppe). Fa specie infatti che alcuni temi divenuti ormai cardine di parte della sinistra mondiale – le denunce contro la cultura tradizionale, le politiche pro-LGBTQ, le tesi pro-gender e la battaglia contro il patriarcato maschilista – siano entrati in una risoluzione dai tratti molto controversa approvata in Parlamento Ue (che come tale non avrà alcun effetto politico di rilievo, va ricordato, ndr).



«Le ingiustizie basate sul genere, sul credo e sull’appartenenza etnica sono insite nella storia europea ormai da secoli, anche sotto forma di antisemitismo e antiziganismo, con ripercussioni per l’Europa e per il resto del mondo»: il tema affrontato dalla risoluzione Verheyen è molto simile a quanto si osserva ormai da anni negli atenei Usa e britannici, una corsa al “risveglio” della cultura dominante per cercare di “cancellare” le origini e ricalibrare le menti delle nuove generazioni sui valori considerati oggi “giusti” e “indiscutibili”. I crimini commessi dalle varie epoche europee sono di una gravità tale che dovrebbe portare tutti i cittadini europei a ribellarsi alle varie violenze contro donne, generi “non binari” e razze varie.



VERHEYEN: “SERVE RISCRIVERE LA STORIA”. IL PENSIERO A RISCHIO…

Lungi ovviamente dal sostenere che razzismo o discriminazione si possano considerare dei valori fondanti e positivi, il tema posto da Verheyen è ancora più inquietante: nel giusto appello a combattere le idee nefaste e ideologiche del passato, si rischia di compiere un nuovo errore ideologico ritenendo che l’intera cultura che ha fondato l’Europa – di fatto quella giudaico-cristiano-illuminista – sia tutto in blocco un “male”. «Serve pentimento, assunzione di responsabilità ed espiazione», denuncia la risoluzione in puro stile-woke, «altrimenti risulta impossibile purificare la società europea dallo sciovinismo, dagli stereotipi di genere, dalle ossimetri di potere e dalle disuguaglianze strutturali».



La parlamentare tedesca in Ue è convinta che la storia debba essere riscritta per fare totale pulizia dei «miti fondatori negativi» e per farlo il linguaggio è fondamentale per rinnovare l’intera cultura attuale: è l’esatto principio della cancel culture e della woke culture, «promuovere un nuovo insegnamento innovativo della storia». L’invito agli Stati è quello di «aggiornare programmi di studio, metodologie e stili didattici affinché gli studenti imparino “come pensare” anziché “cosa pensare”». Scritto così, nero su bianco, la risoluzione Verheyen è molto più vicino al concetto di “indottrinamento” e “lavaggio del cervello” come denunciava splendidamente George Orwell nel suo “1984”. Insegnare ai giovani “come pensare” per evitare le storture del passato: e pensare che ci eravamo “illusi” che la libertà e la ricerca della verità fossero le uniche pietre miliari per la sana cultura europea. Secondo Bruxelles – o quantomeno, secondo una buona parte dei rappresentanti Ue – è preferibile riscrivere la storia e “indottrinare” piuttosto che “pensare” per davvero.