L’INVETTIVA DEL FILOSOFO USA WALZER CONTRO LA CULTURA WOKE
Comprendere immediatamente cosa significhi un’operazione di “cancel culture” non appare così complesso come invece impone il termine ben più criptico di “woke”: ebbene, il filosofo americano nonché professore emerito all’Institute of Advanced Study Michael Walzer, nel suo nuovo saggio “Che cosa significa essere liberale”, affronta di petto il dilagante “scenario” woke in corso negli Stati Uniti. E prima di farlo, da buon insegnante, prova a spiegare i termini della questione (ammirabile dato che spesso si dà tutto per scontato, ndr) nella lunga intervista a “Il Giornale”: «generalmente woke significa “molto consapevole dell’oppressione”, o “molto sensibile all’insulto”, “molto desideroso di difendere le minoranze». Sono istanze ovviamente valide e positive, fino a che però non prendono una forma decisamente illiberale.
Rileva ancora Walzer sul quotidiano diretto da Minzolini: «la forma illiberale si traduce nel reprimere chiunque non sia woke, o non lo sia abbastanza. E non provo nessuna comprensione per questo tentativo di negare il diritto di qualcuno di parlare, solo perché pensi che dirà qualcosa con cui non sei d’accordo». Questo vale anche perché (purtroppo) al giorno d’oggi, sottolinea il filosofo e professore liberale, «molti vogliono ascoltare soltanto le persone con cui già sanno che concorderanno: non è un atteggiamento liberale, è un’imposizione». Per tutti questi motivi, la cultura e pratica woke è una forma di completo assolutismo: «è il rifiuto di ammettere la possibilità che esistano altre visioni e posizioni politiche».
WALZER: “CANCEL CULTURE È LA NUOVA CENSURA”
Dal problema woke alla cancel culture, il nuovo libro di Michael Walzer tratta da vicino il tema delle democrazie illiberali e dei rischi in ogni esercizio del potere: «la cancel culture è una nuova forma di censura, che arriva sia da destra che da sinistra. Nelle università americane», rileva il filosofo, «specie da sinistra gli studenti si rifiutano di ascoltare quelli con cui non sono d’accordo; in politica, specie da destra, ci sono legislazioni statali che proibiscono libri e corsi scolastici che danno resoconto reale della storia americana».
Walzer si oppone ad entrambi gli estremi giudicandoli ostili alla libertà: con la cancel culture e la woke culture, le minoranze vengono «sfruttate per eliminare ogni dissenso». Allargando poi gli orizzonti sul problema delle democrazie illiberali sparse nel mondo, «ci sono leader demagogici che favoriscono l’incapacità di riconoscere la legittimità di altre idee politiche, così muore la libertà». Una possibile “ricetta” per poter crescere ed educare le nuove generazioni in contrasto con il rischio ideologico della cultura “woke” è quella forma di empirismo critico richiamata in più occasioni nella storiografia di Walzer: «negli Usa e in Italia un gran numero di persone crede a cose che è chiaramente impossibile che possano essere vere, alle teorie complottiate e alle bugie dei demagoghi. Perciò è importante che nelle scuole si insegni l’empirismo critico», ovvero imparare a capire «quello che è evidente, che cosa significa e che cosa è una argomentazione coerente, e a porre domande critiche cercando le prove».