L’intellettuale iraniano-americano, convertito al cattolicesimo, Sohrab Ahmari ritiene, già dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas contro Israele, che la cultura woke abbia iniziato il suo declino inesorabile. Di questa tesi ne ha parlato anche con il quotidiano francese Le Figaro in un’intervista citata dal nostrano Foglio, nella quale ci tiene chiaramente a precisare che la scomparsa del wokismo non avrebbe assolutamente nulla di negativo e sarebbe, anzi, “una bella liberazione”.



I segnali che quelle che lui chiama “sciocchezze” della cultura woke non siano più così tanto popolari, spiega, sono “chiari” anche all’interno delle frange dei “democratici tradizionali e delle istituzioni liberali”. Segnali, tuttavia, che secondo lui avrebbero preceduto di gran lunga il 7 ottobre, citando alcuni studi che “avevano mostrato che l’uso di alcune parole alla moda molto pesanti, come ‘razzismo strutturale’, era in declino nei giornali tradizionali”. Similmente, il declino della cultura woke secondo Ahmari sarebbe evidente anche nel fatto che “le compagnie di intrattenimento danno sempre più spesso il via libera ad artisti e progetti politicamente scorretti e mandano al diavolo gli agitatori woke”.



Ahmari: “La cultura woke ha stancato anche i Dem e la popolazione”

Il declino della cultura woke, insomma, secondo Ahmari è chiaro ed evidente e precisa che, a suo avviso, “il risveglio è iniziato nel 2013 e ha raggiunto l’apice nel 2020-2021”, mentre ora avrebbe “stancato la popolazione e preoccupato i democratici al potere” al punto di ridurne ampiamente la portata. Ormai, specifica l’intellettuale, è chiaro che “ridurre ogni problema a woke/anti woke non risolverà nulla” ed arrivato il momento di passare alla “prossima ondata politica”.



A prendere il posto della cultura woke negli ideali collettivi e, soprattutto, politici ci sarà in futuro, secondo Ahmari, “una nuova ondata di populismo” che porterà anche una nuova “determinazione delle élite nel sedarla”. Centrale sarà il modo in cui verrà sedata, se tenendo “conto delle rimostranze degli elettori populisti su questioni come il libero scambio, l’immigrazione, l’assimilazione”, oppure cercando “di delegittimarli e [imponendo] leggi contro i leader populisti”. E parlando di populismo, oltre che di cultura (anti) woke, Ahmari analizza anche il successo, negli USA, di Donald Trump, secondo lui legato al fatto che “ha detto delle verità proibite, cose che a noi della destra non era permesso dire: come il fatto che la guerra in Iraq è stata un disastro. O il fatto che il libero scambio ha decimato i nostri centri industriali”.