Per chiarire la portata di quello che sta succedendo, partiamo dall’uso delle parole.
Il Servizio Sanitario Nazionale Scozzese – un servizio pubblico quindi – in una sorta di “linee guida” rivolte ai propri operatori, consiglia di non usare «padre» e «madre» quando si parla ai bambini, per evitare di discriminare quelli che vivono con coppie omosessuali. Meglio «genitori», «curatori», oppure «tutori». Per lo stesso motivo non si dovrebbe dire neanche «marito» e «moglie»: meglio «partner». Poi sarebbe bene evitare «parente prossimo», con cui di solito si indica un coniuge, o comunque un consanguineo. Per una persona importante nelle relazioni affettive è meglio usare «amico intimo» o «parente intimo».

Qualcosa di simile avviene già nella Spagna di Zapatero, dove all’anagrafe ci sono il «genitore A» e il «genitore B»; d’altra parte nei documenti di organismi internazionali «padre» e «madre» non si usano più da tempo. Nel migliore dei casi si parla di «genitori», oppure di «progetto parentale».
Eliminare «padre» e «madre» quando si parla ai bambini sembrerebbe adatto alla trama di un romanzo di fantapolitica o agli scenari di dittature cupe e futuribili, più che alle linee guida del Servizio Sanitario di uno Stato europeo moderno e democratico. Invece è uno degli esempi più significativi e più chiari di cosa sia la rivoluzione antropologica in cui siamo immersi.

Fino al referendum sulla legge 40 non eravamo consapevoli di quello che ci sta cadendo addosso. La campagna per l’astensione l’abbiamo affrontata usando sostanzialmente gli stessi criteri e le stesse categorie di trent’anni fa, contro la legalizzazione dell’aborto; abbiamo combattuto una «battaglia per la vita» in difesa di chi ancora non è nato (stavolta concepito in vitro), e non ci siamo resi conto dell’assoluta novità a cui stavamo di fronte: la scommessa di ridisegnare l’umano, a partire dalle relazioni che da sempre hanno fondato tutte le società che hanno popolato il pianeta, fino alla definizione stessa di essere umano.

In Gran Bretagna, ad esempio, si sta discutendo sulla possibilità di creare embrioni misti uomo-animale: fondendo un ovocita di mucca, a cui è stato tolto il nucleo, con una cellula somatica adulta, umana, si vorrebbe realizzare la cosiddetta clonazione terapeutica e creare embrioni da cui trarre cellule staminali. Si vogliono utilizzare ovociti animali perché le donne non ne mettono a disposizione in numero sufficiente, neanche se pagate: nonostante finora la clonazione terapeutica non abbia mai funzionato, e nonostante non esista neppure una cellula staminale embrionale umana ricavata in questo modo, ci si ostina a proseguire su questa strada, in nome di una ricerca che finora non ha prodotto niente di clinicamente utilizzabile.

Embrioni ibridi, o embrioni chimera, si legge, umani al 99,9% e animali allo 0,1%: se il procedimento funzionasse una parte del codice genetico del nuovo embrione deriverebbe dall’animale. Ma cos’è questo nuovo essere? Di che stiamo parlando? Possiamo accettare di parlare di esseri misurati in percentuali di umanità e di animalità? E se ci si riuscisse, e se qualcuno, nonostante il divieto, impiantasse questi embrioni nell’utero di un animale, o di una donna, cosa nascerebbe? Alcuni scienziati cinesi hanno dichiarato di avere creato embrioni chimera con ovociti di coniglio: cosa sono stati quegli embrioni, nei pochi giorni in cui sono vissuti?

Intanto in Europa, anche per via di direttive specifiche per l’industria cosmetica, entro pochi anni sarà vietata la commercializzazione di prodotti cosmetici testati su animali. Si è deciso cioè di non usare più test tossicologici su animali, e di cercare alternative, e una di queste è l’utilizzazione di cellule staminali embrionali umane.

Quindi in nome dell’etica e della politica si bloccano procedure che funzionano – i test di tossicità su animali – e contemporaneamente si dice che non si può fermare una ricerca che non ha ancora dato nessuna applicazione clinica: quella sulle cellule staminali embrionali umane.
Il risultato è che, per evitare gli esperimenti sugli animali, forse si useranno embrioni umani.

Sono solo alcuni esempi per capire a che punto siamo arrivati: a me pare sembra che non siamo ancora pienamente consapevoli dell’abisso verso cui stiamo scivolando sempre più velocemente. Insomma, il referendum sulla fecondazione assistita non è stato semplicemente speculare a quello di trent’anni fa sulla 194: non a caso stavolta abbiamo trovato tanti laici come alleati (infatti a molti di noi sembra ancora strano che chi ha fortemente voluto la 194, e non ha cambiato idea in proposito, abbia difeso fortemente la legge 40). Adesso si tratta letteralmente della sopravvivenza dell’umano, della possibilità di poter ancora dire «padre» e «madre», di non dover misurare esseri viventi in percentuali di umanità.

Se non ce ne rendiamo conto rischiamo di aver vinto una battaglia, quella sulla legge 40, per poi perdere la guerra.


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