Negli ultimi anni sta dilagando un particolare fenomeno mediatico. Si tratta della continua riproposizione – in romanzi ed in numerosi format televisivi – del caso dei Templari. Sfruttando la non competenza storica del grande pubblico, essi vengono coinvolti in ogni sorta di impresa più o meno fantasiosa.
In particolare, sembra che li si ami dipingere quali antichi custodi di segreti inviolabili, minacciati per questo dal papato romano. Soltanto l’anno scorso, la Walt Disney ha prodotto una pellicola (Il mistero dei Templari, appunto) che racconta di improbabili tesori rinvenuti a Gerusalemme e di legami tra i cavalieri e la massoneria americana. Recentissimo è anche il caso del Codice da Vinci di Dan Brown, dove i Templari diventano addirittura i guardiani della discendenza naturale che si sarebbe originata da Cristo e dalla Maddalena.
Ma il caso – purtroppo – non riguarda soltanto il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento. Mesi fa, una trasmissione televisiva con pretese scientifiche spiegava come i Templari, poco prima di essere soppressi, avrebbero consegnato agli eretici catari una preziosa pergamena, contenente non meglio precisate rivelazioni occultate dalla Chiesa, per recuperare le quali Innocenzo III avrebbe scatenato la crociata contro i catari.
Tutto questo, naturalmente, non ha nessun fondamento.
Si tratta di un uso improprio e distorto della storia, ridotta ad un escamotage per eccitare la fantasia dello spettatore (lettore) e naturalmente far quattrini. Storicamente, i Templari nacquero a Gerusalemme alla fine della prima crociata come ordine di monaci-guerrieri, consacrati alla difesa della Terrasanta e dei pellegrini che vi si recavano. Ricevuta una regola da san Bernardo di Clairvaux, col tempo accrebbero di numero ed importanza, ereditando terre e beni tramite le donazioni ed i lasciti testamentari dei fedeli. All’inizio del Trecento, la loro immensa ricchezza attirò l’attenzione di Filippo IV re di Francia il quale – approfittando delle difficoltà che stava attraversando il papato in quel periodo – fece in modo che sull’Ordine si abbattesse l’accusa di eresia, ne ottenne la soppressione e ne incamerò i tesori.
Qui sta il nodo della questione: non essendo mai stati chiari (per mancanza di documenti) né il contesto in cui avvennero i processi per eresia né il ruolo che vi ebbe la Chiesa, l’enigma di una fine così repentina ha permesso di scatenare le più ardite fantasie, non sempre – è bene ricordarlo – prive di malevoli intenti ideologici.
Contro la speculazione della finta storia ricordiamo il libro di Barbara Frale Il Papato e il processo ai Templari (Viella, 2001), che aiuta a comprendere la differenza tra la banalità di tali ricostruzioni e l’impegno, la fatica e la responsabilità di chi si dedica al mestiere dello storico. Partendo da un duro lavoro d’archivio, la Frale ha rinvenuto una pergamena (nota come “Pergamena di Chinon”) dalla quale emerge chiaramente la volontà delle autorità ecclesiastiche di assolvere i Templari dall’accusa di eresia. Allargando la ricerca ad altre fonti, la studiosa ha quindi ricostruito i rapporti tra il papato ed i cavalieri, dimostrando – carte alla mano – come Clemente V avesse impegnato tutto se stesso nell’impossibile compito di salvarli dalle macchinazioni del sovrano francese.
Il risultato è un fondamentale libro di merito e di metodo. Di merito, perché riporta alla luce la verità storica com’è possibile coglierla dalle testimonianze dei documenti: i Templari non furono eretici né custodi di indicibili segreti, bensì vittime sacrificali dell’avidità di un re, difesi fino all’ultimo da quella Chiesa per la cui tutela si erano originariamente costituiti. Di metodo, perché oppone alla spettacolarizzazione della storia un lungo lavoro di ricerca, teso a scovare i frammenti del passato, ricercandone responsabilmente la verità. La fedeltà al documento, la domanda del senso, l’intelligenza delle intuizioni: solo così fare storia può essere un servizio al bene di tutti, giacché fornisce gli strumenti per non farsi raggirare dalle mitologie da avanspettacolo.
La Frale ha poi continuato nel suo lavoro e recentemente ha fatto un’altra, importantissima scoperta: la preghiera che i Templari composero negli ultimi mesi prima dell’epilogo della loro vicenda (pubblicata in agosto dall’Osservatore Romano). Veniamo così a sapere che quegli uomini, dipinti come apostati da Dan Brown e come eresiarchi dalle interpretazioni correnti, nell’ora del sacrificio estremo confessarono la loro fede e decisero di affidare la loro vita a queste parole:
«Santa Maria, madre di Dio, piissima, gloriosa, santa genitrice di Dio, preziosa e sempre vergine Maria, salvezza di chi è alla deriva, consolazione di chi spera […], proteggi l’ordine religioso tuo».
Una professione di eroismo cristiano, il cui coraggio supera certamente le hollywoodiane imprese esoteriche cui ci ha abituato la vulgata mediatica degli ultimi anni.
(Andrea Beneggi)