Sabato e domenica prossimi a Seriate si svolgerà l’annuale convegno della Fondazione Russia Cristiana, in questa occasione organizzato con la Fondazione per la Sussidarietà e dedicato a «Stato, società e persona. La Russia e l’Europa di fronte alle svolte epocali del XX e XXI secolo». Presentiamo un passo della relazione di padre Georgij Mitrofanov, dell’Accademia Teologica di San Pietroburgo, dal titolo: «La religiosità tradizionale di fronte al secolarismo comunista (homo religiosus e homo sovieticus)»



Nell’irriducibile conflitto di concezioni tra cristianesimo e comunismo, quest’ultimo fin dall’inizio si pose come un’ideologia aggressiva, offensiva, che non limitava la propria lotta anticristiana semplicemente alla sfera delle questioni politiche, che pure per il bolscevismo rivestivano un’importanza fondamentale.



C’è una logica profonda nel fatto che, dopo l’affermarsi del regime comunista nel paese, il bolscevismo cominciasse a porsi come alternativa universale al cristianesimo nelle più diverse sfere della vita socio-politica e cultural-religiosa. «Il bolscevismo pretende di non essere solo una politica – osservava Georgij Fedotov. – Non si batte per il corpo, ma per l’anima. Non è il socialismo che vuol costruire, ma l’uomo nuovo, una nuova vita, una nuova etica, un nuovo modo di vivere e una nuova personalità. In Russia il bolscevismo costruisce quest’uomo a propria immagine e somiglianza. Il partito di Lenin, il partito dei vecchi cospiratori, è diventato da tempo un’icona vivente di santità, su cui vengono educate e plasmate milioni di giovani esistenze. Saranno questi giovani a determinare l’oggi e il domani della Russia. Ecco il perché della domanda fondamentale che facciamo sul bolscevismo: non che cosa (fa), ma chi (è)… L’ideocrazia bolscevica è una satanocrazia per il contenuto stesso della sua idea».



Distrutti fin dai primi decenni della propria esistenza i principi fondamentali della vita economico-sociale e politica della Russia, liquidata l’élite culturale formatasi nei secoli, il regime comunista ratificò in Russia un tipo di civiltà anticristiana e totalitaria senza precedenti storici, che doveva diventare una delle più grandi seduzioni religiose per il popolo russo.

A differenza dei popoli occidentali, la seduzione più pericolosa per il popolo russo non fu quella di una civiltà che celebrava apertamente la diseguaglianza, secondo la proposta fatta dal diavolo a Faust, ma la tentazione di una falsa eguaglianza universale promossa dall’anticristo. «L’egoismo sociale è un peccato umano – sottolineava Berdjaev – ma l’egoismo sociale elevato a supremo valore sacro è ormai lo spirito dell’anticristo».

Effettivamente, ponendo a fondamento della propria attività sovente pragmatica e della propria ideologia prevalentemente utopistica un potente stimolo come l’egoismo sociale, il comunismo cercava di usare come mezzo di seduzione delle masse popolari non semplicemente una delle basse passioni più diffuse dell’animo umano, ma anche i sentimenti di giustizia sociale e amore fraterno, continuamente calpestati nel mondo decaduto da Dio. Fu proprio mischiando questi sentimenti, e in ultima analisi sostituendo ai sentimenti più elevati le passioni più triviali, che si realizzò il «gioco di prestigio» dell’anticristo – un gioco quasi impercettibile alla ragione che riuscì ad attrarre verso l’utopismo comunista le persone più disinteressate e piene di abnegazione, desiderose di acquistare già in questo mondo la verità, il bene e la giustizia assoluti. Sedotto dalla demoniaca chimera della giustizia sociale intesa come panacea di tutti i mali che accompagnano l’umanità allontanatasi da Dio, il popolo russo permise in pratica la pressoché totale distruzione della Chiesa ortodossa, esattamente l’istituzione storica che per secoli aveva alimentato nell’anima del popolo il senso di realismo storico-spirituale che tante volte l’aveva abbandonato.

La secolarizzazione comunista della vita spirituale del popolo russo, tradottasi fin dal primo ventennio di esistenza del regime bolscevico nell’eliminazione fisica di milioni di ortodossi che erano rimasti fedeli alla Chiesa, doveva far rinascere e intensificare i principi religiosamente più primitivi e moralmente più distruttivi di questa vita.

La concezione pseudoreligiosa propria dell’utopismo comunista fece regredire profondamente la mentalità del popolo russo, rendendolo particolarmente recettivo proprio ai concetti che più erano estranei all’autentica cultura cristiana e più consonanti all’ideologia comunista che si impose per decenni, un’ideologia neopagana per sua essenza religiosa.