Il 13 novembre dell’anno 354 nasceva a Tagaste, nel nord Africa, Agostino, Padre e Dottore della Chiesa nonché uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, la cui attualità di pensiero non solo è tutt’ora indiscussa, ma resta una delle più grandi fonti di ispirazione per la speculazione religiosa e laica. Massimo Serretti, docente di Teologia dogmatica nella Pontificia Università Lateranense, racconta la vita e l’opera geniale di questa enorme figura di uomo e di santo.



Professore, sono passati più di mille e seicento anni, ma l’opera di Agostino sembra parlare, a coloro che se ne accostano, in termini ancora attualissimi, molto più di tanti altri pensatori assai più recenti. Per quale motivo? 

È impossibile sopravvalutare l’importanza di una figura come quella di Agostino sia dal punto di vista di quel che è stata la sua biografia, la sua storia, il profilo della sua persona sia, ancor di più, per quel che riguarda la sua opera. Agostino è uno di quei padri della Chiesa la cui opera viene continuamente ristampata e ripubblicata in pressoché tutte le parti del mondo e in quasi tutte le lingue. E anche oggi, nel terzo millennio dell’era cristiana, è uno degli autori più letti. Ciò di per sé è già un dato che da solo ci parla della sua straordinaria attualità. Le cause della modernità del pensiero di Agostino si possono ricostruire in diversi percorsi, ma ciò che sicuramente ne spiega più profondamente l’incidenza immutata è la modalità con la quale quest’uomo ha accolto il dramma della propria esistenza e del dono della fede che Dio gli ha concesso. Nell’incrocio fra queste due realtà, cioè fra la libertà dell’uomo e la grazia di Dio, nell’intreccio di questi due elementi, si consuma tutta l’importanza e l’attualità della figura di questo grande uomo e di questo grande cristiano.



In che cosa la sua opera risulta rivoluzionaria rispetto all’epoca che lo ha preceduto e quali sono gli aspetti salienti che tale rivoluzione ha lasciato al pensiero successivo?

È quasi un ardire eccessivo e rischioso tentare di inquadrare in pochi e brevi tratti l’influenza del pensiero agostiniano. Perché, per certi versi, neanche in questo caso sarebbe esagerato dire che la sua influenza sul pensiero europeo, e quindi mondiale, si allinei all’influenza che il pensiero cristiano stesso ha avuto sulla formazione della mens europea. Certamente però questo non ci esime dall’identificare alcune linee.



In primo luogo occorre considerare il grande lavoro che Agostino fece sulla libertà dell’uomo, sul libero arbitrio. Questa affermazione della libertà sicuramente lo differenziava da tutto quello che era stata l’antropologia pagana del pensiero greco e romano.

Il ripensamento sull’uomo come essere libero è sicuramente un portato straordinario come lo è anche l’accento sull’io, la forte presenza dell’io. Basti pensare alle Confessioni. Anche questa coscienza dell’io era sconosciuta all’uomo precristiano che ancora non aveva incontrato la grandezza di una Presenza che evocasse a sua volta all’uomo la grandezza della sua stessa presenza. Questo è l’io che emerge nelle riflessioni di Agostino.

E poi è da aggiungere per ultimo, ma non ultimo per importanza, il grande amore per la ragione. Agostino ha da insegnare a tutti gli illuministi e neo-illuministi un amore e una passione straordinaria per questa potenza che è partecipazione all’intelletto stesso di Dio.

E dal punto di vista teologico quali conseguenze comportò l’operato filosofico e speculativo di Agostino?

Per individuare gli aspetti nei quali il pensiero di questo grande Dottore della Chiesa si presta a una “prosecuzione” credo che sia sufficiente ripercorrere un po’ la sua influenza straordinaria su tutto lo sviluppo del pensiero teologico a lui successivo. In primo luogo i suoi testi sono stati tra i più letti e studiati fino all’aprirsi della grande stagione della Scolastica. Tutta la Scolastica è stata poi anch’essa determinata da Agostino, perché tutti i grandi dottori medioevali hanno commentato per prima cosa le sentenze di Pietro Lombardo, ma queste erano composte per nove decimi da citazioni di testi di Agostino. Ciò accomuna la sua influenza nella sfera della teologia a quella di pochissimo altri uomini. Gli unici coi quali azzarderei un paragone sono Origene per l’Antichità e San Tommaso per il Medioevo.

Molti però sostengono che ci siano ancora numerosi punti da chiarire in diversi settori della sua produzione.

I punti aperti ci sono sempre nella storia del pensiero teologico. Si può anzi dire che vale per analogia ciò che è valido per tutte le scienze: non esiste un capitolo chiuso. Quello che si trova di straordinario nell’opera di Agostino è proprio l’ampiezza di argomenti trattati che corrisponde anche all’ampiezza di spirito di quest’uomo.

Praticamente non esiste un trattato o una questione che sia teologicamente rilevante a proposito della quale egli non abbia dato un contributo fondamentale. Il pensiero di Agostino è suscettibile di sviluppi ancora oggi ed è necessaria, per un approfondimento valido, una ri-comprensione sempre innovativa della sua opera. Bisogna poi tener presente che al fondo della sua riflessione c’è sì un’ampiezza eccezionale, ma c’è anche un dono singolare. Ossia, quando Agostino parla della sua esperienza nella ricerca della verità, si capisce e si intende subito che egli parla di un’esperienza personalissima. Questo fatto rende ricchissimo lo spessore della sua pagina e la vivacità assoluta delle sue opere.

Egli ha indagato nel mistero di Dio mediante un tipo di conoscenza traducibile con il concetto ebraico di questa parola che si esprime nell’avere “esperienza di qualcuno o di qualcosa”. In quest’ottica si coglie come mai a un così forte elemento conoscitivo corrisponda un vasto spessore intellettuale. E la cosa grandiosa è che in questa operazione compiuta da Agostino non c’è la minima traccia di intellettualismo.

Eppure spesso la cultura moderna ne riduce il portato filosofico. Ad esempio nei programmi di filosofia liceali il pensiero di Agostino è ridotto a un riassunto di poche pagine. Ma al di là di questo sono numerosi i tentativi di strumentalizzazione o di riduzione del suo pensiero.

Certo. Agostino è un autore cattolico. La caratteristica degli autori cattolici, in tutta la plurimillenaria storia della Chiesa, è quella di essere maggiormente presenti laddove non si fa riferimento esplicito ad essi.

Agostino ha determinato e dato abbrivio non solo a una quantità di grandi vene sotterranee del pensiero ma anche a un modo di essere e di vivere, perché non bisogna dimenticare che da lui nasce anche un’esperienza monastica. E non bisogna neppure scordare come egli interpreta il suo tempo. Nel De civitate Dei dà infatti un’interpretazione politica che avrà un risvolto rilevantissimo per tutta la politica medioevale.

Ci sono poi due grandi esperimenti interpretativi che dobbiamo ricordare. Uno è quello luterano, perché Lutero partì proprio dall’esperienza in una comunità agostiniana anche se aveva una conoscenza molto scarsa dell’opera del pensatore. L’altra è il giansenismo il quale ha segnato buona parte della cultura francese.

Il fatto però che ci siano stati nella storia dei viraggi nell’interpretazione, delle ermeneutiche distorte non solo non va contro il pensiero di Agostino, ma – da un certo punto di vista – ne dimostra la grandezza. Mi spiego: senza i Vangeli non ci sarebbero state eresie. Le deformazioni sono possibili sempre e solo nelle grandi opere.

E i filosofi cattolici contemporanei? Quanto sono debitori al pensiero agostiniano?

Esiste una grande linea del pensiero cristiano cattolico nella modernità europea. A partire dallo stesso Cartesio che era un lettore assiduo di Agostino, da Pascal a Vico fino a Bergson e a Blondel. È un filone del pensiero moderno che Augusto Del Noce aveva ben identificato e che è saldamente ancorato, attraverso Agostino, alla cattolicità.

Ci sono certamente anche le riduzioni esistenzialistiche, ma ciononostante l’impianto dottrinale di Agostino è sicurissimo e molto compatto. Non dimentichiamo che è uno di quei pensatori che ha avuto la fortuna di poter scrivere anche delle retractationes sui propri testi e quindi ha potuto egli stesso emendare o porre punti interrogativi laddove lo ritenesse necessario. Poi, come spesso accade, c’è sempre chi prende una frase e ne distorce il senso a suo piacimento. Se si prende uno dei motti di Agostino come «ama e fa ciò che vuoi» è chiaro che in base a questo si possono improntare una serie di errori gravi e nocivi per sé e per gli altri. Ma non è questo l’Agostino storico o, se si vuole, l’Agostino reale.