Figlia del re ungherese Andrea Arpád II e di Gertrude di Merano, fu promessa, ancora bambina, all’altrettanto piccolo Ludovico IV, figlio del langravio (una specie di marchese) di Turingia. Fidanzare i figli in fasce era normale, nel Medioevo, tra le famiglie di alto e altissimo rango, che ciò facevano per ragioni politiche. In tal modo si evitavano conflitti futuri e si stringevano alleanze. La Chiesa, tuttavia, pretendeva che tali matrimoni combinati venissero poi confermati dai due interessati, essendo, ai suoi occhi, solo i nubendi i ministri del sacramento; in caso contrario, era larga nel concedere l’annullamento di nozze del genere.



Nel 1221, giunti all’età giusta, Elisabetta e Ludovico si sposarono: il loro si rivelò, una volta tanto, un vero matrimonio d’amore dal quale nacquero tre figli.

I due coniugi erano molto religiosi e affascinati dal nuovo ordine francescano, che protessero e agevolarono nelle loro terre. Loro stessi si fecero terziari francescani. Ma, dal punto di vista politico, si trovarono presto in gravi imbarazzi perché Ludovico aveva ereditato dal padre, insieme al titolo, una vecchia contesa territoriale con gli arcivescovi–conti di Magonza, i quali avevano la scomunica facile. Ludovico avrebbe potuto fare come molti signori medievali: orecchie da mercante alle scomuniche e, addirittura, rispondere con le armi. Ma, per un uomo pio qual era, non essere ammesso ai sacramenti era un’angustia. E poi la scomunica era sempre una complicazione perché, almeno teoricamente, scioglieva i sudditi dall’obbedienza, così che il langravio avrebbe dovuto fare il giro di tutti i vassalli e le città soggette per verificare quanti erano quelli sulla cui fedeltà poteva, malgrado tutto, contare. Qualcuno di certo ne avrebbe approfittato per alzare il prezzo e mettere in ulteriore difficoltà il giovane langravio.



Insomma, una rogna. Così, Ludovico decise di sottoporre il suo caso al papa. Onorio III, che conosceva bene i suoi polli magonzani, suggerì al giovane di crociarsi. In tal modo, durante la sua assenza, i suoi beni sarebbero passati sotto la diretta protezione del pontefice e nessuno avrebbe potuto toccarli o rivendicarli. Si sarebbe guadagnato qualche anno di tempo e intanto molti equilibri politici potevano cambiare.

Ludovico IV accettò il consiglio, pronunciò il voto di crociata e sistemò le cose per partire. Si mise dunque in viaggio con le sue truppe verso la Terrasanta. Era il 1227 e i crociati diretti in Palestina solevano imbarcarsi a Otranto. Solo che, qui giunto, il giovane condottiero si ammalò di febbri e non poté proseguire. La moglie, subito avvertita, partì a sua volta per raggiungerlo, quantunque incinta dell’ultima figlia. Purtroppo, quando arrivò a Otranto il suo amato sposo era già morto.



La giovane vedova, schiantata dal dolore, tornò in patria, dove trovò una nuova ragione di vita nel darsi intensissimamente alle opere di carità e di penitenza. Morì appena ventiquattrenne nel 1231 e fu sepolta nella chiesa di Marburgo.

Nel 1539, nel corso della rivoluzione protestante, la sua tomba venne profanata dal langravio luterano Filippo d’Assia, che pure era un suo discendente. Oggi le reliquie della Santa si conservano a Vienna.

In Germania le donne che si consacravano alla cura degli ammalati venivano chiamate Elisabethinerinnen. Elisabetta di Turingia (o d’Ungheria, perché principessa ungherese) veniva tradizionalmente invocata contro la tigna ed è patrona del Terz’ordine francescano, nonché delle opere caritative cattoliche.

Spesso viene raffigurata mentre fa riposare un lebbroso nel suo letto nuziale o nell’atto di tramutare cibi in rose, due episodi della sua breve vita.