Il fondatore del PCI si sarebbe convertito in punto di morte. È quanto ha affermato mons. Luigi de Magistris propenitenziere emerito del Vaticano nonché conterraneo del pensatore alerese. Oltre al grande scalpore della notizia, restano molti dubbi. Ma una cosa è certa, Antonio Gramsci da un certo punto della sua vita in poi cambiò radicalmente alcune sue convinzioni politiche e morali. Giancarlo Lehner, storico e giornalista, studioso del comunismo e biografo di Gramsci esprime la propria opinione
È possibile che la prima educazione di stampo cattolico ricevuta da Antonio Gramsci abbia influito nel suo pensiero?
Di primo acchito direi che in questa vicenda la questione dell’educazione ricevuta si pone nettamente in secondo piano. Gramsci frequentò un asilo di suore, ma penso che la cosa non abbia avuto alcun peso nella sua riflessione interiore. Premettendo che quando si parla di “conversione” di Gramsci occorre necessariamente calcare il terreno delle ipotesi, poiché non esistono, o ancora non sono stati ritrovati, documenti scritti, andrei piuttosto a vedere quelli che sono stati i dolori di Antonio Gramsci. Induttivamente infatti si può affermare che le sofferenze subite sia dal carcere fascista sia dalla consapevolezza fortissima del tradimento dei suoi compagni di partito portò Gramsci a rivedere molte delle sue precedenti posizioni.
Quali furono i compagni dai quali si sentì tradito?
In particolar modo fu tradito da Togliatti. Questo è lui stesso ad affermarlo nelle sue lettere. Credo che non ci sia sofferenza più grave che scoprire, o comunque supporre, di essere traditi dai propri amici perché il fatto che gli avversari possano volere il tuo male rientra nella logica, mentre tutte le tue certezze si affidano ai tuoi compagni e se questi vengono meno allora crollano molte convinzioni. Si evince dalle lettere di Gramsci e dall’impianto dei suoi pensieri negli ultimi scritti che egli si allontana via via dal fondamento stesso del comunismo. Fondamento che in un primo momento anch’egli individuava nella lotta, la lotta di classe, l’intolleranza nei confronti dell’avversario politico. Gramsci si avvicinò, e anche questo è comprovato, ai grandi valori cristiani fino a mutare completamente il proprio modo di intendere i rapporti umani.
Può spiegarci in che cosa mutò questo atteggiamento?
Faccio un esempio. Un avversario forte di Antonio Gramsci sul piano politico e delle idee fu senza dubbio Amedeo Bordiga, fondatore del PcdI, il Partito Comunista d’Italia. Fu un personaggio dogmatico e di grande coerenza e fra Bordiga e Gramsci ci fu un asperrimo conflitto ideologico. Ciononostante Gramsci conservò per tutta la vita un rapporto di affettuosa amicizia, di stima e benevolenza nei confronti di Bordiga.
Questa che sembra una banalità è invece un fatto fondamentale perché si parla di un periodo storico in cui l’ideologia comunista sovietica favoriva l’eliminazione fisica dell’avversario senza mezzi termini, quand’anche questi fosse un compagno di partito. Se qualcuno osava uscire dall’ortodossia del comunismo veniva considerato un vero e proprio traditore. Gramsci invece, pur nel dissenso, conservò un rapporto esemplare verso coloro che erano ideologicamente lontani da lui.
Altri significativi cambiamenti di rotta?
C’è un recupero fortissimo del valore della famiglia, tant’è che va a ritirarsi in Sardegna, appena esce di prigione e ne ha l’occasione, invitando i propri cari a seguirlo. A quel punto Gramsci non era nient’altro che un comunista talmente deluso dallo stalinismo che una volta libero non poteva nemmeno pensare di andare in URSS ad unirsi con moglie e figli a Mosca, ma piuttosto di portare i propri cari a vivere nell’Italia fascista. Forse non ce ne rendiamo abbastanza conto, ma è un fatto epocale quello che vede il fondatore del PCI preferire il regime di Mussolini a quello di Stalin.
Tutto quanto lei afferma è davvero sorprendente e, soprattutto, sconosciuto ai più. Ma è tuttavia bastante per confortare la tesi della conversione?
No, non è sufficiente per poter affermare che Gramsci si convertì al cattolicesimo. Infatti ho parlato soltanto del fatto che da un certo punto in poi egli sceglie di seguire dei valori differenti i quali sono in modo generico “cristiani”. Io non dispongo di prove scientifiche per avvalorare quello che ha detto il cardinale De Magistris. Però diciamo pure che non mi meraviglierei, nel caso fosse dimostrata la sua conversione. Ma sia chiaro un concetto: non mi fido molto delle conversioni in punto di morte, non in senso morale, ma storico. Da un punto di vista scientifico una conversione in punto di morte non è quasi mai documentabile. Il fatto che Carducci, anticlericale e autore dell’Inno a Satana si sia convertito poco prima di morire, non cambia l’accezione del suo contributo alla letteratura. Quello che voglio precisare è che in Gramsci, certamente, al di là della conversione c’è un discorso di riavvicinamento a certi valori che sicuramente non sono comunisti.
In quali scritti si trova preponderantemente questo riavvicinamento?
Nelle lettere e in alcuni ragionamenti contenuti nei suoi quaderni. Con un’avvertenza: sia le lettere sia ancor più i quaderni sono scritti spesso in forma criptica. Nel mio libro La famiglia Gramsci in Russia parlo di “lessico dell’acquario”. Gramsci infatti è come un pesce che nuota nell’acquario che è il carcere fascista ed è consapevole che tutto quello che scrive sarà spiato sia dal fascismo che dai comunisti perché le lettere erano indirizzate a Mosca.
Esistono altri testimoni della conversione di Gramsci?
Sì, nel ’77 un altro monsignore parlò di un racconto delle suore della clinica Quisisana a Roma. La notizia in effetti non è del tutto nuova. Se poniamo che sia vera dobbiamo porre anche il fatto che probabilissimamente le prove scientifiche siano state “sbianchettate” perché certamente il PC degli anni ’50 non poteva tollerare una cosa simile. L’unica speranza è che magari in futuro la Chiesa fornisca una documentazione scientificamente attendibile o quanto meno dei seri indizi.
C’è anche qualche compagno di partito che ha mai accennato a qualche ripensamento di Gramsci in chiave religiosa?
No! Figuriamoci, il fatto più drammatico della vicenda Gramsci è che il PC ci ha descritto un uomo che non è mai esistito. Lo ha sempre presentato come un fervente stalinista mentre il merito più grande di quest’uomo è stato che, trent’anni prima della denuncia dei crimini staliniani fatta da Krusciev pose a Togliatti, nell’ottobre del 1926, il problema dei “metodi” di Stalin. Il che è, secondo me, straordinario.
Questa sua “profezia” in un certo senso l’ha pagata in modo durissimo: non lo doveva dire, lo ha detto e l’ha pagata. Il partito lo ha massacrato diffamandolo, lo ha presentato per anni come un fautore di Stalin. Si aggiunga poi che il PCI ha letteralmente rubato i diritti d’autore alla famiglia Gramsci. Anche questo è ampiamente documentato nel mio libro. Il Partito Comunista italiano È riuscito, sebbene questi fossero alla fame, a rubar loro i diritti fino al 1996.
Qualora si accertasse l’effettiva conversione di Antonio Gramsci, ciò comporterebbe anche un diverso approccio nello studio delle sue opere?
Direi certamente di sì, ovviamente avrebbe conseguenze. Ma devo dire che già chiunque si accinga a scrivere oggi un su Antonio Gramsci deve rendersi conto che certe bugie e falsificazioni non reggono più.