Il suo nome significa “l’immagine vivente di Amon”, in onore al più grande e potente fra gli dei dell’antico Egitto, ma Tutankhamon rappresenta uno di quei clamorosi paradossi con cui la storia sembra scherzare. Tanto breve fu il suo regno, infatti, quanto famoso e conosciuto è in tutto il mondo, grazie alla sensazionale scoperta della sua tomba nella Valle dei Re, avvenuta esattamente il 24 novembre 1922, ad opera degli archeologi inglesi Howard Carter e lord Carnavon.
Questo re ragazzino, salito al trono giovanissimo e prematuramente defunto, si inserisce in un periodo difficile e delicatissimo. Siamo nel pieno del Nuovo Regno, sul finire della XVIII Dinastia, a metà del XIV secolo avanti Cristo. Era appena trascorsa la turbolenta parentesi del re Akhenaton, detto il faraone “eretico”, che aveva tentato di riformare dalle fondamenta l’impianto religioso dell’Egitto. Con questo sovrano, muore anche il culto del dio Aton, la personificazione del disco solare, di cui Akhenaton si era fatto profeta e alfiere. Dopo la breve reggenza di un certo Smenkhkara, Tutankhamon, genero del faraone “eretico”, inizia il proprio regno con il nome di Tutankhaton (“l’immagine vivente di Aton”), un nome che riflette le ultime propaggini del culto solare. Essendo così giovane, tuttavia, è subito influenzato dallo strapotere restauratore dei sacerdoti di Amon: cambia il proprio nome in Tutankhamon e, per lo stesso principio, sua moglie Ankhesenpaaton, sposata quando era appena una bambina di 10 anni, diventa Ankhesenpaamon. Il giovane sovrano, però, muore all’improvviso e misteriosamente, neanche ventenne, proprio quando aveva cominciato a restaurare gli antichi culti, pur opponendosi alle persecuzioni contro i seguaci superstiti del dio Aton.
Il nome di Tutankhamon, dunque, è diventato celeberrimo non tanto per le gesta compiute durante il suo regno, che fu breve e di cui risultano poche notizie, quanto per il fatto che la sua piccola tomba è l’unica sepoltura regale ad essere stata rinvenuta intatta.
Quando Carter e Carnavon, infatti, quel 24 novembre di 86 anni fa, aprirono la porta della tomba, non immaginavano certo che il corredo funebre di questo sovrano fosse così ricco: un’infinità di oggetti in legno, alabastro, argento e oro: letti, catafalchi, armi di ogni genere, modellini di navi, addirittura interi cocchi dorati e una quantità spropositata di gioielli e amuleti. Un corredo così vasto da riempire un’intera ala del museo egizio del Cairo. Tutto fu trovato al suo posto, o quasi: probabilmente, come testimonia il disordine, i ladri di tombe erano stati colti sul fatto ed erano fuggiti in fretta e furia, la tomba sigillata e infine coperta dai detriti e dimenticata. Il giovane faraone, così, poté riposare, chiuso nei suoi preziosissimi sarcofagi inseriti uno nell’altro come una matrioska. Sul suo volto, la famosissima maschera in oro, davanti alla quale milioni di visitatori hanno provato e provano tuttora un’intensa emozione. Questo gioiello straordinario è divenuto l’immagine tipica dell’antico Egitto con le piramidi e la sfinge.
Ci resta, oltre a tutto questo, il racconto di Howard Carter, che descrive l’emozione unica della scoperta: alla luce di una candela, fu il primo a intravedere i tesori contenuti nella tomba, e quando lord Carnavon, alle sue spalle, gli chiese ansiosamente se riuscisse a vedere qualcosa, la risposta fu: «Sì, cose meravigliose».