Non è un caso che sui dollari ci sia scritto “In God We Trust”. Negli Stati Uniti la religione ha piena cittadinanza nella sfera pubblica. Gli uomini che hanno responsabilità e ruoli pubblici sono chiamati ad esprimere il proprio rapporto con la religione e i sacerdoti di ogni culto hanno piena libertà di esprimersi sui grandi temi dei nostri giorni. In America fortunatamente non si è sviluppato il laicismo, un’ideologia che invece sta imperversando in Europa e che punta proprio ad espellere il cristianesimo e tutte le religioni dalla società relegandole in un ghetto privato. Per questo Benedetto XVI guarda con favore all’America: lì la religione ha mantenuto la sua centralità e riveste un ruolo cardine per la tenuta della società.
I valori fondanti della nostra società occidentale sono la dignità della persona, la parità tra uomini e donne, la responsabilità individuale. È da questi valori che nascono libertà e democrazia. La fede è un fatto individuale, un dono. Ma tutti, credenti e non credenti, possono concordare sul fatto che quei valori, da un punto di vista storico e culturale, ci vengono dal cristianesimo. La stessa laicità della società è un concetto che nasce dal Vangelo: “Date a Cesare quel che è di Cesare” dice Gesù Cristo. Per questo negare un ruolo pubblico alla religione e cercare di espellere la religiosità dalla società oltre che ingeneroso è anche pericoloso. Quando in una società si nega l’esistenza di Dio e si mortifica la religiosità, inevitabilmente si finisce con erodere quei valori che sono alla base delle libertà e della democrazia. Il Nazismo e il Comunismo hanno negato Dio e hanno portato l’inferno sulla terra.
La Chiesa Cattolica propone un modello di vita basato sulla spiritualità del messaggio evangelico. Non solo la società americana ma direi tutto il mondo sta invece andando alla deriva verso il relativismo, il materialismo e la cieca ricerca del benessere edonistico. La sfida della Chiesa è proprio interrompere questa deriva e ancorare l’uomo ai valori del cristianesimo.
Benedetto XVI ha ricordato con forza che il cristianesimo è la religione del logos. Ed è per questo che sia il Vaticano come Stato sovrano, che la Chiesa Cattolica come comunità religiosa, possono incontrare i propri interlocutori impostando il dialogo sulla fede e sulla ragione.
Spesso quando si parla del cristianesimo e del Vaticano, le gerarchie ecclesiastiche vengono accusate di ingerenza e di arroganza per la pretesa di rappresentare il Verbo del Signore e perché indicano nel solo Gesù Cristo la verità e la speranza della resurrezione. Ma si tratta di un’obiezione sballata. La fede è un fatto individuale, un dono del Signore e nessuno può essere obbligato a credere in Dio o di seguire il magistero della Chiesa. Il punto fondamentale è riconoscersi in quei valori – la dignità della persona, la parità tra uomini e donne, la sacralità della vita, la responsabilità individuale, la libertà, la democrazia – che sono di derivazione cristiana ma che da un punto di vista razionale possono e devono essere condivisi da tutti: credenti, non credenti, laici, atei.
Gli incontri tra Benedetto XVI e George Bush testimoniano l’ottimo stato dei rapporti diplomatici esistenti tra Vaticano e Stati Uniti. Sono due superpotenze, una spirituale e l’altra politica e militare, che hanno tutto l’interesse a confrontarsi. Credo che da un punto di vista diplomatico ci siano grandi margini di collaborazione. Io sono sicuro che questa visita di Benedetto XVI sarà un grande successo. Ritengo gli Stati Uniti un terreno fertile per l’apostolato di questo Papa che è stimato anche dai non cattolici.
Ho avuto il piacere di conoscere l’ambasciatrice Ann Glendon. È una diplomatica molto preparata di notevole cultura storica e filosofica. Gli Stati Uniti hanno scelto una persona di grande spessore culturale per gestire questo viaggio del Papa. Vaticano e Stati Uniti si incontrano per trattare grandi temi di carattere geopolitico ed etico ed una persona come l’ambasciatrice Glendon ha la sensibilità diplomatica e culturale per preparare al meglio il terreno di confronto.