Nonostante si sia nel mezzo di una campagna elettorale sempre più aspra, nonostante un diffuso senso di insicurezza e di preoccupazione per il futuro del paese, nonostante un crescente secolarismo che separa la fede dalla vita, diventando sempre più l’atmosfera culturale di molti americani, nonostante la difficoltà storica per un paese protestante a capire il ruolo del Papato, nonostante una forma particolarmente raffinata di anticattolicesimo tuttora parte della narrativa americana, nonostante che nella cultura popolare la Chiesa cattolica rimanga l’unica istituzione che è politicamente corretto attaccare, nonostante il problema che l’immagine popolare di un Joseph Ratzinger largamente sconosciuto pone ai molti americani che avevano così tanto amato Papa Giovanni Paolo II e, soprattutto, anche se la Chiesa cattolica in America non ha ancora superato l’orribile scandalo degli abusi sessuali da parte di sacerdoti…nonostante tutto ciò che militava contro di essa, la visita di Papa Benedetto XVI a Washington e New York è stata un sensazionale successo.
O così sembra…
Il vero successo del viaggio dipenderà, naturalmente, da come risponderà all’incontro la libertà di chi ha sentito, toccato o visto il Papa. Non vi è modo per sapere cosa questo significherà per la Chiesa in America, ma rimane il fatto che attraverso la presenza fisica del Papa, le sue parole e i suoi gesti, chi negli Stati Uniti ha prestato attenzione alla sua visita ha avuto l’opportunità di incontrare la proposta cristiana in un modo che ha lasciato sorpresi la maggior parte degli americani, cattolici e non cattolici.
Agli americani piace essere amati e parte del successo del viaggio del Papa è stato il suo ripetuto apprezzamento per la ricerca americana della libertà e per la profonda religiosità del popolo americano. Questo giudizio positivo sulla storia della religione negli Stati Uniti, piuttosto che come un tatticismo diplomatico, è stato apprezzato come espressione di ammirazione vera da parte del Papa per l’esperimento americano. Il Papa non ha esitato a definire l’originale punto di vista americano sulla libertà e la religione una forma di “secolarismo” che si è dimostrato benefico, sia per la Chiesa che per lo Stato.
Tuttavia, il Papa ha continuato a sollevare la preoccupante domanda: la religiosità americana e la sua visione della libertà sono oggi in grado di far fronte ai pericoli di un secolarismo che confina la fede alla sfera privata?
Parlando ai vescovi americani, il Papa ha sintetizzato molto chiaramente il problema: «Trovo significativo che qui in America, a differenza di molti luoghi in Europa, la mentalità secolare non si sia opposta radicalmente alla religione. Nel contesto della separazione tra Chiesa e Stato, la società americana è sempre stata segnata da un fondamentale rispetto per la religione e il suo ruolo pubblico e […] gli americani sono profondamente religiosi. Ma non è sufficiente confidare su questa religiosità tradizionale […] proprio quando le sue fondamenta stanno lentamente erodendosi. Un impegno serio nell’evangelizzazione non può prescindere da una diagnosi delle sfide reali che il Vangelo incontra nella cultura americana contemporanea. […]. Forse il tipo americano di secolarismo pone un particolare problema: esso permette di professare la fede in Dio e rispetta il ruolo pubblico della religione e delle Chiese, ma allo stesso tempo può sottilmente ridurre il credo religioso al minimo comun denominatore. La fede diventa l’accettazione passiva che certe cose “là fuori” sono vere, ma senza particolare importanza per la vita di tutti i giorni. Il risultato è una crescente separazione tra fede e vita».
Che cosa si può fare? Il Papa ha offerto una formula precisa: «Ciò che serve, sono convinto, è una maggiore percezione dell’intrinseca relazione tra il Vangelo e la legge naturale, da un lato, e dall’altro, la ricerca di un bene umano autentico nella legge civile e nelle decisioni morali personali». E, in termini ancor più chiari: «La Chiesa deve promuovere ad ogni livello del suo insegnamento – catechesi, predicazione, seminari e istruzione universitaria – un’apologetica diretta ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione e una profonda comprensione della libertà». Ciò che è necessario, cioè, è l’esperienza della corrispondenza della Rivelazione con i desideri più profondi del cuore dell’uomo, una coscienza del tipo di conoscenza che la fede rende possibile e la sfida che essa pone alla libertà umana.
Questa la sfida del Papa all’America, ripetuta di fronte a tutte le tipologie di pubblico nella terminologia loro propria. In termini molto chiari: «Credo che la Chiesa in America, a questo punto della sua storia, abbia di fronte la sfida di riconquistare la visione cattolica della realtà». Si tratta di «coltivare una identità cattolica basata, non tanto su esteriorità, quanto su un modo di pensare e agire».
È difficile stabilire quanto tutto questo sia stato capito. Per intanto, il paese è innamorato della personalità, umiltà e pietà di Benedetto. L’evento che più ha provocato questa reazione è stata la determinazione del Papa a non evitare la questione degli abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti e il drammatico incontro tra il Papa e un gruppo di vittime di questo scandalo. È difficile esagerare su quanto questo scandalo abbia ridotto la credibilità della Chiesa americana in un momento così cruciale della sua interazione con il modo di vivere americano. È anche difficile esagerare l’ammirazione degli americani per il modo in cui il Papa ha trattato questo scandalo durante la sua visita.
In verità, vi è il rischio che questo oscuri la sua sfida all’America e alla Chiesa americana perché sviluppi un’adeguata risposta al continuo crescere del relativismo culturale. Al tempo la risposta. I vescovi americani e i leader cattolici dovranno collegare in qualche modo l’atteggiamento del Papa nel gestire lo scandalo, al suo messaggio sui pericoli del relativismo. Il successo del viaggio dipenderà in ultima analisi da questo collegamento. Papa Benedetto ha fatto la sua parte, e l’ha fatta molto bene.