Il Papa, nell’omelia di domenica 20 aprile allo Yankee Stadium di New York, è tornato a sottolineare il grande contributo che i cattolici possono dare alla costruzione della vita pubblica e del bene comune. “In questa terra di libertà e di opportunità, la Chiesa ha unito greggi molto diversi nella professione di fede e, attraverso le sue molte opere educative, caritative e sociali, ha contribuito in modo significativo anche alla crescita della società americana nel suo insieme… In questa terra di libertà religiosa i cattolici hanno trovato non soltanto la libertà di praticare la propria fede, ma anche di partecipare pienamente alla vita civile, recando con sé le proprie convinzioni morali nella pubblica arena, cooperando con i vicini nel forgiare una vibrante società democratica”.
L’apporto dei cattolici alla vita pubblica non è difesa corporativa di interessi particolari, ma è possibilità di costruire opere che rispondano al desiderio non ridotto di tutti gli uomini e di concepire una politica che sia fatta per la difesa e lo sviluppo di questa operatività sociale e quindi per un incremento del bene comune. E’ lo stesso tema toccato nell’intervento del cardinale Scola in Università Cattolica nell’incontro promosso giovedì 18 aprile dalla Fondazione Europa e Civiltà sul concetto di laicità. E’ un tema di stretta attualità, anche politica, perché i cattolici rischiano di essere emarginati dalla vita politica italiana. Nello schieramento di centro sinistra l’indifferenza e, in certi casi, l’ostilità verso i principi non negoziabili ha emarginato contenuti e persone di orientamento cattolico. Il centro si pone in alternativa rispetto allo schieramento, più che per il contenuto originale. Il centro destra può correre il rischio di privilegiare le sue componenti più “muscolari” non valorizzando chi, proprio in nome di una esperienza cattolica, ha mostrato esempi di buongoverno. Tuttavia, se questo avvenisse, ci perderebbe di più proprio chi potrebbe avvalersi di questo apporto. Se si consolidasse questa tendenza, sarebbe sempre più fragile e vecchia la politica italiana nel suo complesso, come dimostra la crisi dei partiti di centro destra ormai culturalmente laicisti come il Partito popolare spagnolo.
L’emarginazione dei cattolici dalla politica non sarebbe tuttavia il male peggiore. Infatti, più che un potere non intelligente ciò che sarebbe negativo è, nel lungo periodo, la perdita di originalità, quella che ha reso certi cattolici insipidi e clientelari ai tempi della DC, altri, cattocomunisti, ridotti a stampella morale della sinistra, e altri ancora, liberisti senza spessore nel centro destra. Se, invece, pur di fronte a un potere che non dà spazio, si continua a costruire in laboratori locali in collaborazione con altre realtà culturali e politiche mosse dalla sussidiarietà, dal rispetto della persona, dalla ricerca del bene comune, in stretta connessione e al servizio di realtà sociali, produttive, movimenti, luoghi di creazione di un nuovo sapere, il tempo giocherà a favore. L’esempio virtuoso delle aree più sviluppate del Paese e una nuova classe di politici idealmente motivati potrà contribuire a risolvere la grave crisi del Paese che nessun mediocre yes man potrà risolvere.