Alcuni “saggi” hanno già cominciato la loro serie di commenti e obiezioni all’incontro dei giovani con il Papa a Sidney, compreso un teologo, noto per il successo delle sue scommesse sul futuro, che già annuncia che la presenza di Benedetto XVI a Madrid nel 2011 non servirà a rinnovare la Chiesa. Il dibattito è di quelli che stanca. Guardiamo ai fatti.
Certamente l’immagine di Sidney non serve a dare una diagnosi completa della situazione della Chiesa. Vanno inseriti molti altri fattori nell’equazione, perché la Chiesa è grande e varia, affronta circostanze diverse nella geografia del mondo, e vi convivono germogli primaverili con rami già nodosi. Detto questo, la scena di Sidney rivela alcune cose che molti analisti professionisti non vogliono vedere, o perlomeno nascondono con interesse sospetto: la connessione con la gioventù non ha motivo di perdersi nella Chiesa (dipende dalla proposta che viene fatta); ci sono percorsi educativi capaci di suscitare e accompagnare la fede nel mondo di oggi; la diversità di carismi non divide ma costruisce; e, soprattutto, la parola e la testimonianza di Pietro continuano a essere il più potente richiamo di cui dispone la Chiesa per proporre al mondo la propria esperienza.
Certamente rifiuto ogni trionfalismo su questo, ma diamo a ogni cosa il suo valore, e credo che bisogna essere miopi per non vedere l’immenso valore educativo e di testimonianza che ha avuto l’incontro di mezzo milione di giovani con Benedetto XVI, così come il suo enorme potenziale per il futuro. Il fatto che alcuni si sentano obbligati a discutere su questo è già significativo. Prima di cominciare la Giornata, al Papa è stato chiesto se la formula di queste manifestazioni resta valida; lui ha risposto che bisogna guardare a questi eventi nel loro percorso completo: una preparazione, una celebrazione e un cammino che prosegue. Tutti sappiamo che Benedetto XVI non si lascia soggiogare da immagini sentimentali o da mobilitazioni di massa, ma il Papa ha verificato in prima persona che l’incontro faccia a faccia con i giovani è una parte essenziale della sua missione.
Arrivati a questo punto, mi domando se gli opinionisti hanno guardato e ascoltato realmente quello che è successo a Sidney, o se seguono solamente una traccia precedentemente scritta. Quello che è successo lì è lo spettacolo della corrispondenza imponente dell’annuncio cristiano con l’attesa del cuore dell’uomo, con il suo desiderio enorme di felicità, con la sua nostaglia di unità e la sua esigenza di giustizia. «Chi soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immerso nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità?»: questa è la sfida radicale che Benedetto XVI è tornato a proporre in nome di tutta la Chiesa: chi può soddisfare la vostra sete di Infinito? E per rispondere a questo non servono le buone intenzioni: qui si rompono le false promesse e gli idoli di ieri e di oggi. Soddisfare questo desiderio è possibile a Colui che lo ha messo nel cuore di ogni uomo, e che ha voluto accompagnarlo nella sua turbolenta avventura. È l’opera di Cristo, che lo Spirito Santo compie nella storia.
Il Papa si è rivolto anche a coloro che camminano sul filo del rasoio, a coloro che sono tentati di abbandonare, a coloro che hanno seguito il labirinto dei piaceri che lascia solamente rabbia e odio… Anche i primi erano tentati di andarsene, di cercare la soddisfazione lontano dall’uomo che avevano incontrato… E allora fu Pietro a prendere la parola per dire: «Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». È la stessa scena che si è svolta a Sidney 2008 anni dopo. Allontarsi da Lui è solamente un vano tentativo di fuggire da noi stessi!, ha detto Benedetto XVI ai giovani. «Affrontare la realtà, non di sfuggirla: è questo ciò che noi cerchiamo!». Dio è con noi nella realtà, non nella fantasia. Qui stava il vertice della sfida cordiale che il Papa ha lanciato in quei giorni: tutto quel che ha detto si deve verificare nella realtà, non nel vaporoso mondo dei nostri sogni, perché la fede è la ragione aperta, l’energia invincibile che ci permette di stare precisamente nella realtà e non di scappare da essa attraverso innumerevoli sotterfugi. Per questo nulla è finito, ma incominciato esattamente ora.
Ai giovani che già si preparavano a tornare alle loro lontane case, il Papa ha tracciato questa appassionante rotta: «Che l’amore unificatore sia la vostra meta, l’amore duraturo la vostra sfida e l’amore che attira la vostra missione». Ma come potranno farlo nelle ore amare, nelle aspre controversie della vita o all’interno della propria comunità cristiana, molte volte appesantita da inerzia e sfiducia? Il Papa dà la risposta: «Quello che costituisce la nostra fede non è principalmente quello che facciamo, ma ciò che riceviamo». Questo è il segreto del rinnovamento della Chiesa e questa è anche la ragione di tanti esperimenti pastorali falliti di coloro che ora intonano i loro distinguo al posto di restare ancorati alla gratituità.
Ascoltando “i commenti e le obiezioni” di alcuni di questi maestri frustrati mi è venuta in mente quest’altra frase del Papa: «L’amore di Dio può diffondere la sua forza solamente quando gli permettiamo di cambiarci da dentro, dobbiamo permettergli di penetrare la dura crosta della nostra indifferenza, della nostra stanchezza spirituale, del nostro cieco conformismo allo spirito del nostro tempo». Non sono un profeta per poter dire come sarà la GMG del 2011 a Madrid, ma varrà la pena farla solamente perché si ripeta questo dialogo tra la proposta di Pietro e il desiderio dei cuori dei giovani.
In ogni caso è chiaro che la Chiesa si rinnova quando tira fuori ed espone al mondo la Verità, che è il suo nervo e il suo cuore più profondo, e questo accadrà tra tre anni a Madrid, nonostante le discussioni pesanti dei “saggi”.
Rallegrarsi non è segno di conformismo, ma l’inizio di una vera responsabilità.