Professor Alberoni, nel discorso al Collège des Bernardins di Parigi Benedetto XVI ha parlato di «tensione tra legame e libertà» come di uno dei fondamenti della nostra cultura, e, viceversa, ha messo in guardia da una concezione della libertà come «mancanza totale di legami». Come si realizza questo rapporto tra libertà e legame?



La libertà per esprimersi ha bisogno degli estremi di una scelta. C’è un bellissimo testo di Sartre in cui egli dice che l’amore è libertà. È vero: io non posso amare una persona se lei non è libera di amarmi. Nel momento in cui sono convinto che lei è schiava, non posso più amarla. Io desidero che lei mi ami, e faccio di tutto perché questo accada; ma nel momento in cui lei, sottoposta a costrizione, divenisse schiava io non potrei più amarla. Nell’amore umano, così come anche nell’amore mistico, l’altro mette in discussione il tuo amore. L’amore te lo devi sempre guadagnare, e lo devi sempre ottenere per grazia: non ti è mai concesso per sempre. Gli innamorati domandano sempre all’altro: “mi ami?” E così anche il mistico chiede sempre a Dio: “fatti vedere, mostrati”, perché Dio può scomparire, può allontanarsi. In questo senso la libertà realizza il suo massimo proprio all’interno di un legame forte, com’è il legame amoroso.



Eppure siamo spesso propensi a pensare al legame come qualcosa che, appunto, “lega”, e quindi non lascia liberi: non le sembra paradossale che proprio nel legame si eserciti la libertà?

Ma se uno non sceglie non esercita la libertà! Se hai di fronte mille tartine, solo quando ne scegli una eserciti la tua libertà. È forse libertà quella di assaggiarle tutte, di passare da una tartina all’altra? È proprio concettualmente, filosoficamente che non lo è. Se una persona passa da una cosa all’altra, come un vagabondo, non si trova in una situazione di esercizio della libertà, bensì di distrazione. Facciamo un altro esempio: se vivo sotto un regime dittatoriale, non sono libero perché non posso accedere a determinate comunicazioni e a determinati messaggi; nel momento invece in cui mi ritrovassi improvvisamente nella possibilità di accedere a tutte le fonti di informazione, ma non me ne importasse niente e l’una o l’altra fossero per me indifferenti, non inizierei certo ad esercitare la mia libertà. Avrei solo potenzialmente la libertà di scegliere, ma non in atto.



Bauman, come ricordava un nostro recente editoriale, ha parlato, a tal proposito, di “società liquida”, in cui non esistono legami duraturi: condivide questa analisi?

Bauman è partito dallo studio di determinate relazioni per poi trarne regole di carattere generale, parlando così di “società liquida”, di “amore liquido”, di “impresa liquida”. Come sempre le generalizzazioni universali partono da un punto di verità, ma rischiano di diventare una sciocchezza proprio nel momento in cui questi punti di partenza vengono generalizzati. È molto difficile immaginare, ad esempio, che la Cina, l’impero cinese, nella fase in cui risorge, non abbia al suo interno dei legami forti. Lo stesso vale per l’Islam: non solo l’integralismo islamico, ma in genere la società islamica ha al suo interno legami molto forti. Quindi quel che Bauman dice vale solo per la realtà occidentale. Questo è un errore in cui i sociologi cadono spesso: quando parlano del mondo, parlano in realtà del gruppo che sta intorno a loro, e poi lo generalizzano.

Limitando allora il discorso alla sola società occidentale, quella in cui noi viviamo, possiamo dire di trovarci in una situazione in cui si ha difficoltà a stringere legami forti?

Se restiamo all’interno della nostra società e del nostro orizzonte, allora questa considerazione può essere giudicata vera in ambiti diversi, sia per quanto riguarda, ad esempio, la lealtà verso le imprese, come anche per una certa fragilità nelle relazioni erotiche. È vero che nella nostra società c’è una certa mobilità, e “liquido” vuol dire proprio questo, non essere in grado di creare legami stabili con un ambiente definito. Lo studente che viaggia, che fa un master da una parte e poi si sposta altrove per lavoro, è evidente che stabilisce relazioni precarie, come ad esempio quelle del navigante di un tempo. Ma non dobbiamo dimenticare che queste sono caratteristiche legate a fasi storiche. L’impressione negativa che mi dà Bauman è quella di dire: da qui all’eternità la situazione è questa, o peggiorerà. Io non ne sono assolutamente sicuro. Se si descrive un fatto storico mi va bene: ma se se ne vuole fare una legge generale, non ci sono prove, e nessuno può stabilirlo. L’accadimento storico è per sua natura imprevedibile.

Sembra di capire che lei abbia una visione più ottimistica della nostra società.

Dico semplicemente che non è vero che gli esseri umani non continuano a stabilire legami forti. Poche donne hanno figli, questo è vero, e il rapporto con il figlio si è ridotto di importanza, ma non possiamo affatto dire che sia stato eliminato. Le donne che hanno figli instaurano con loro un legame forte, che va anche al di là della prima infanzia. Non c’è nessun segno che il legame tra genitori e figli sia più debole che nel passato. Un altro caso è quello dei rapporti amorosi: è vero che la situazione è cambiata, che è stato separato il sesso dalla riproduzione, che c’è una tendenza ad avere rapporti erotici più che amorosi, con legami più deboli. Ma non è affatto vero che la gente non si innamora, che non ci sia chi perde la vita dietro a un amore. Ci si innamora esattamente come prima; e la riprova di questo è che le vicende erotiche sono esse stesse causa di grandi dolori. Quando una persona ama un’altra e questa va con una terza, quella sta malissimo esattamente come stava male cent’anni fa. La natura umana non è cambiata. Un conto è dire che c’è l’amore “liquido”, un altro è dire che non ci sono più amori solidi. Questo è l’errore di cui parlavo prima: che nel tentativo di costruire una legge universale ci si dimentica di guardare la realtà che ci circonda.

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