Nel processo laborioso di costruzione della modernità, vi è stata una catena ininterrotta di intrecci con i contenuti veicolati dalla grande tradizione cristiana. Questa continuità è stata particolarmente robusta nelle prime fasi della parabola storica del mondo moderno. Le crisi, le lacerazioni e i conflitti hanno toccato alcuni aspetti e creato blocchi o disfunzioni in alcuni momenti insopportabili. C’è indubbiamente una dialettica interna alla modernità, tra orientamenti diversi di mentalità e tra sfere di potere (civile e religioso) che del resto erano condotte per forza di cose, dalla logica del dualismo politico cristiano («Date a Cesare quel che è di Cesare», in nome della possibilità di dare «a Dio quel che è di Dio»), a interagire e a controbilanciarsi fra di loro, senza mai pretendere di soffocare, o di assorbire in modo totale l’ordinamento di potere concorrente. Gli attacchi che il mondo della religione e l’universo delle sue istituzioni hanno subìto, dopo la fine della cristianità unitaria dell’Occidente medievale (ma le contestazioni e le eresie le avevano conosciute pure nel quadro del Medioevo cristiano!), non possono far dimenticare che ci sono state anche le alleanze, i fenomeni di osmosi, con tutto un ricchissimo contributo che la fede cristiana e il suo gigantesco armamentario storico-istituzionale, culturale, etico-giuridico hanno dato allo sviluppo del mondo moderno, esattamente nella forma con cui noi l’abbiamo conosciuto. La modernità va vista insomma come una realtà complessa, a tante facce. Non si è modellata solo lottando contro l’universo religioso di una fede condivisa. Gli uomini «moderni» (intendiamoci: gli uomini che hanno posto le basi di quella realtà straordinaria destinata poi a trasformarsi nel nostro mondo contemporaneo) si concepivano anch’essi all’interno, e non fuori dall’orizzonte globale della cristianità. E quello che la nostra modernità è diventato, si deve in buona parte a come ha reagito davanti, o meglio dentro di essa, il mondo della religione organizzata.



Bene lo sottolineano le conclusioni del fortunato pamphlet di Rodney Stark, La vittoria della Ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza. «È stato il cristianesimo a creare la civiltà occidentale». «Il mondo moderno è arrivato solamente nelle società cristiane. Non nel mondo islamico. Non in Asia. Non in una società “laica”, perché non ne sono esistite. Inoltre, tutti i processi di modernizzazione finora introdotti al di fuori del cristianesimo sono stati importati dall’Occidente, spesso attraverso colonizzatori e missionari». Nella nostra modernità dal cuore antico, non si annida solo il volto demoniaco della tirannide antiumana e della secolarizzazione. Essa è stata, nello stesso tempo, il grembo materno che ha generato la scoperta del valore della persona, l’affermazione della libertà di coscienza e la desacralizzazione del potere. Possiamo sentirci orgogliosi dell’invenzione quattrocentesca della preghiera del Rosario così come della Dichiarazione dei diritti dell’uomo; della polifonia barocca, di Bach e di Mozart, alla stessa stregua di come possiamo apprezzare i pagamenti su cambiale, la Borsa e il lavoro moderno, che ha dilatato il benessere e migliorato per la stragrande maggioranza degli individui il livello delle condizioni di esistenza, di cui tutti possiamo oggi approfittare. È una fede cristiana sedimentata negli strati più profondi della cultura e della realtà sociale che le ha fatte lievitare dal loro interno, riversandosi nell’amore appassionato per la vita, nell’attaccamento alla realtà materiale delle cose, in un desiderio sempre più trascinante di conoscenza, nell’uso intelligente e creativo delle risorse messe a disposizione dalla natura come talenti preziosi. Il cannocchiale di Galileo e la macchina a vapore sono stati fattori prodigiosi di incremento della qualità della nostra esperienza umana moderna. Ma uguale effetto hanno prodotto la diffusione della stampa, l’esame di coscienza e le formule mnemoniche dei catechismi per insegnare anche a chi non sapeva leggere né scrivere. Senza la disseminazione capillare e la continua metabolizzazione dell’humus cristiano, neanche il nostro continente sarebbe stato capace di decollare prendendo una strada diversa da quella degli altri mondi umani fino a un recente passato schiacciati dal dominio di «despoti, astrologi e alchimisti», e proprio per questo «senza università, banche, fabbriche, occhiali, camini e pianoforti», dove «la maggior parte dei bambini non raggiung[evano] i cinque anni di vita e molte donne m[orivano] dando alla luce un figlio» (Stark, p. 343). Mondi senza vero progresso e senza possibilità di autonomo sviluppo, sprofondati nella precarietà di quelli che non possiamo comunque liquidare etnocentricamente e in modo superbo come «secoli bui».



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