Fra scandali di ogni tipo e gusto rimbalzati da un giornale all’altro la nostra politica sembra avere toccato il fondo della decenza. Ma siamo sicuri che i tempi siano così tanto cambiati? La morale è definitivamente defunta oppure è l’immoralità ad essere venuta maggiormente a galla? Il filosofo Stefano Zecchi ci dice la sua opinione



 

Professor Zecchi, prima la questione del “Papi” Berlusconi, poi le escort, la questione Boffo e, infine, lo scandalo Marrazzo. Trent’anni fa, e forse anche venti, le battaglie politiche e mediatiche erano di ben altra levatura. Che cos’è cambiato nella percezione del decoro?

La nostra percezione è sempre la stessa, tant’è che andiamo a cercare lo scandalo con lo stesso morboso interesse di trent’anni fa. La vera differenza è che ormai disponiamo di un tipo di comunicazione che non può più essere per così dire “trattenuta”. Altro che pericoli da libertà di stampa, ormai la comunicazione mediante internet, youtube, facebook, la diffusione di telecamere pressoché ovunque, e, ovviamente, la televisione, rendono possibili fughe di notizie un tempo molto più domabili. Ripensiamo al caso Montesi. Non è che ai tempi i giornalisti non fossero interessati ad approfondire lo scandalo, ma l’informazione era molto più contenuta e le cose filtravano in modo molto più lieve, sussurrato. Oggi abbiamo l’effetto contrario, quello dell’amplificazione. Un politico deve quindi essere molto più accorto, prudente. Personalmente non ritengo si debba sindacare sui gusti o le tendenze di alcuno, ma è chiaro che un politico ricattabile non può più fare il suo lavoro.



Ciò detto non pensa che le moltiplicate possibilità di comunicazione siano comunque orientate da chi vuole fare informazione?

Certamente, fa parte di un circolo vizioso. C’è una profonda correlazione tra contenuto della comunicazione e mezzo attraverso il quale questa viene diffusa. D’altra parte è il principio de Il Grande Fratello, non quello orwelliano ma quello molto più terra terra della televisione. Nel Grande Fratello la possibilità che episodi morbosi possano essere ripresi fa sì che questi si moltiplichino e viceversa. È un meccanismo elementare della comunicazione, che gioca sull’interesse per insito negli uomini, ma in questo caso deviato, di voler sapere.



Passiamo dall’estetica all’etica. Non sembra strano che un Paese in cui si propone un certo modello televisivo contemporaneamente costringa alle dimissioni un politico che, sotto sotto, altro non fa che confermare tale modello? Che orientamento ha preso la morale? 

In realtà non abbandoniamo l’estetica, anzi. Qui è un problema di un’etica che deve essere fondata esteticamente. È il problema del buon gusto, del rispetto delle forme, nel senso anche letterale. Che cosa interessa, un discorso o un’indecenza? In circostanze “normali” l’interesse relativo all’operato di un politico dovrebbe riguardare il suo pensiero, la sua direzione operativa, quello che fa o che non fa. Su questo dovrebbe fondarsi l’interesse e la comunicazione a lui relativa. Ma è più facile contrabbandare l’anormalità, la difformità, la trasgressività. Ora perché occorre un ritorno al buon gusto? Per quello che il politico rappresenta. Se il signor “Brambilla” a capo di un’impresa viene sorpreso in atti osceni al massimo ne dovrà rispondere ai suoi 40 operai e soprattutto alla moglie. Ma la cosa finisce lì. Il politico invece rappresenta il popolo, e viceversa. Si comprende quindi come la perdita di forma incida sul contenuto e come la perdita di quella generi disastri drammatici, com’è drammatico lo sfacelo del senso collettivo di decenza.

Ma non è comunque schizofrenico condannare atti osceni in un’occasione (politica) e contemplarli in un’altra (televisiva)?

CONTINUA A LEGGERE L’INTERVISTA, CLICCA SUL NUMERO “2” QUI SOTTO

 

Sì, anche se penso che la vera questione relativa a Piero Marrazzo sia piuttosto legata ai rilievi penali: il ricatto, gli assegni, la droga, la cocaina. Non sono tanto i gusti intimi del Presidente della Regione Lazio, quelli sono fatti di famiglia. Il problema è quando queste tendenze innestano delle conseguenze di carattere penale. Se il discorso riguarda invece la trasgressione sessuale anche in politica abbiamo fior di esempi. Luxuria ha fatto una bandiera di questo. Io non l’ho votata.

 

Non ne dubitavamo. Alcuni sostengono che il costume attuale sia una sorta di cocktail tra la gli effetti della rivoluzione sessuale del ’68 e il libertinismo televisivo. Lei come la vede?

 

Francamente penso che sia tutto molto più semplice. Di questi scandali se ne vedono in tutto il mondo, accadono, come si è recentemente visto, in Inghilterra e in Francia. Qui in Italia il vero motore è però la lotta politica. Mentre negli altri paesi lo scandalo diventa circoscritto alla persona qui in Italia viene inevitabilmente connesso alla politica. Questo perché certa politica e certa stampa hanno messo in moto tutti i sistemi immaginabili per far saltare il governo Berlusconi, e la parte contraria è stata al gioco. Si è partiti con i processi, con la messa in ridicolo e poi si è arrivati al pettegolezzo, al gossip fino a un uso smodato della vita privata delle persone. Questa è a mio avviso la vera e più semplice causa del crollo morale.

 

Esiste un’idea oggettiva di decoro?

 

Oggettiva, ma seconda dei casi. Per un politico, abbiamo detto, così come per un imprenditore, un poliziotto secondo la modalità del proprio ruolo deve prevalere il buon gusto ossia quella capacità di comunicare se stessi attraverso uno stile. Trascendere dalla propria forma mette a rischio il contenuto.

 

La perdita di buon gusto può essere secondo lei legata alla decadenza dell’Occidente?

 

Ogni volta che la storia segna la fine di un impero, di un dominio, avviene inevitabilmente la perdita della decenza. Caligola fece senatore il proprio cavallo, un aneddoto arcinoto. Ma dirò una cosa inaspettata: non penso che l’epoca che stiamo vivendo segni la fine dell’Occidente. Credo piuttosto che il problema risieda, piuttosto che nella vecchiaia, nell’immaturità della nostra società che si trova a dover imparare a gestire un potere troppo grande, quello della comunicazione.