Su “Il Giornale” Mario Cervi , nel recensire il mio “Eurolandia contro l’Europa”, pur apprezzando alcuni concetti di quel saggio-pamphlet, ha scritto che si tratta del libro di un euroscettico.
Non so se termine abbia un significato puramente negativo o semplicemente descrittivo. Non ho comunque alcuna difficoltà ad essere definito euroscettico, purché si prenda atto del mio essere e sentirmi profondamente europeo, vale a dire amante della civiltà nata e sviluppatasi in Europa e soltanto in Europa, da dove si è irradiata in altri continenti, quali le Americhe e l’Oceania, ma non, per ragioni alle quali pure non manco di accennare, in altri continenti, se non nei suoi aspetti più superficiali e caduchi.



Proprio perché ritengo che l’Europa (non la costruzione burocratica e velleitaria che si è sviluppata dopo la Seconda guerra mondiale) costituisca un prodotto unico e originale da preservare a qualunque costo, mi preoccupa la sua sorte, il destino della sua cultura, i pericoli che le fanno correre altre culture che non si limitano ad arricchirla con il loro apporto, ma non nascondono invece la loro intenzione di inquinarla sino al punto di renderla irriconoscibile, di farne qualcosa di profondamente diverso da ciò che attraverso i secoli essa è diventata.



Perché Eurolandia non è l’Europa? Perché non ne ha accettato i suoi valori, non ha voluto proclamare orgogliosamente che al di fuori di essi c’è soltanto confusione e illibertà, perché spesso sotto lo schermo di parole altisonanti rinnega se stessa.
Perché negare che le massime vette del pensiero umano sono state quelle raggiunte dalla filosofia occidentale? Perché ostentare un relativismo in cui tutte le vacche sono nere, e la libertà – la cui essenza è stata distillata nei secoli dall’intreccio armonioso tra Gerusalemme, Atene e Roma – è superiore alla tirannide, per evitare di “offendere” la sensibilità di altri popolazioni che pure vogliono vivere in mezzo a noi, ma non intendono accettare le nostre regole e rispettare le nostre tradizioni?



 

 

Nel mio libro ho ricordato come sono nati gli stati: non già da accordi economici, non da un irenico embrassons-nous, ma dal riconoscimento collettivo di ciò che si è e dalla esigenza di difendere questa comune identità contro i pericoli che incombono, dal non ignorare la sfida e dall’accettarla. Così si è fatta l’Italia, così si è fatta la Svizzera, così si è fatta la Germania, così si sono fatte tutte le nazioni moderne. Ma Eurolandia si rifiuta di vedere questa realtà, essa nasce da un indistinto amalgama pseudo-umanitario; il continente che ha visto nascere Machiavelli e il suo pensiero politico si balocca con il dialogo da fare a qualsiasi costo anche con chi non vuol dialogare, con l’accoglienza da offrire a chiunque che, senza essere invitato, si sia installato nella sua casa e vi voglia applicare la sua legge o imporre la sua religione.

Questa non è Europa, è anzi la negazione puntuale dell’Europa. Verso questa finta Europa non sono scettico, di essa sono avversario. Eurolandia non accetta le sfide di chi pur la minaccia e risponde semmai con risibili sanzioni che, per esempio, non fanno certo cambiare politica ad un paese orgoglioso come l’Iran, convinto, esso sì, di avere una missione da compiere. Gli oppone terzetti e quartetti che dovrebbero rappresentare un’Europa gonfiatasi come la rana della favola inglobando ogni genere di paesi, molti dei quali incapaci o non disposti ad accettare una politica estera e di difesa comune. Alcuni addirittura si sono proclamati neutrali.

Si possono immaginare gli Stati Uniti in cui il Kentucky o il Massachussets si sottraggano alle decisioni del governo centrale? Ma in realtà l’Europa non prende decisioni. Nei confronti dell’Iran gioca una commedia, non troppo divertente per la verità, che dura da quindici anni, durante i quali l’Iran ha continuato tranquillamente a sviluppare il suo arsenale nucleare, che minaccia Israele non solo quale “oppressore di islamici”, ma quale caposaldo avanzato dell’occidente e dell’Europa.
Ecco alcune delle ragioni per cui l’Europa di Bruxelles e di Strasburgo sta all’Europa vera, quella di Salamina e di Poitiers, di Lepanto, e dell’assedio di Vienna, come una moneta falsa sta ad una moneta vera.