Il compositore Carlo Alessandro Landini non è solo un grande musicista, vincitore nel 2007 del prestigioso premio Lutoslawski, la tappa più recente di una luminosa carriera internazionale. In questa sede non vogliamo parlare del musicista.
Anche se moltissimo dovremmo dire: del suo stile impetuoso eppure abitato da un rigore stremo; capace di fiamme, d’incantamenti, attese, ritorni, vaghezze; torrenziale nell’ispirazione eppure pieno di raffinatezze e di delizie timbriche; plastico e poetico nel modellare il suono.
Landini è stato ricercatore Fulbright presso la University of California, San Diego, docente universitario in Italia e professore di Conservatorio (Piacenza), Visiting Professor in varie università americane (Columbia University, Umbc Johns Hopkins University), giornalista, saggista, uomo di cultura a 360 gradi, esperto di filosofia e di arte figurativa, di neuroscienza, informatica, psicologia, letteratura, linguaggio.
La vastità dei suoi interessi, ma, soprattutto, la profondità dei suoi affondi intimoriscono, quasi sgomentano. Per certi versi ricordano le solitarie galoppate di un Marco De Natale. In più, Landini deve anche scatenare e domare il demone creativo.
La sua ultima fatica è dedicata ai rapporti fra arte e autismo, nessi che risultano quasi completamente ignoti nella nostra penisola, analizzati da una prospettiva particolare: come emergono nell’opera e nella vita di Alberto Savinio.
Fratello minore del più celebre Giorgio de Chirico, nato ad Atene nel 1891 e morto a Roma nel maggio del 1952, Savinio fu scrittore, pittore, musicologo, compositore.
Tutta la sua produzione artistica e letteraria fu condizionata dalla sindrome di Asperger, una forma attenuata di autismo, che segnò profondamente la sua esistenza. Nel suo saggio Lo sguardo assente: arte e autismo: "Il caso Savinio" (Franco Angeli editore, 200 pagine, 20 euro).
Landini esamina “l’opera e la personalità di uno tra gli uomini di genio meno noti, e però tra i più interessanti, che abbiano illustrato l’arte italiana nel corso della prima metà del secolo XIX dai suoi albori al suo culmine”.
Un uomo complesso che deve essere studiato da più punti di vista nella consapevolezza che, come ha spiegato Freud e come Landini sottolinea con forza, “la scienza non regge di fronte all’opera del poeta”.
Sarebbe vano e ridicolo tentare una sintesi dei tanti argomenti analizzati nel corso del libro. Trovano spazio indagini riguardanti il tema del doppio e allegorie della morte, simbolismi, rapporti fra immagini e parole che le nominano, Petrarca, alchimia, misticismo, fra gli altri. Savinio viene passato al setaccio: ogni suo quadro è guardato e interpretato con occhi scientifico-psichiatrici; i suoi scritti sono letti nei dettagli, scomposti e ri-montati come manifestazioni di interiori sintomatologie.
La vicenda esistenziale di Savinio, nella stimolante lettura datane da Landini, diventa paradigmatica: percorribile forma di autoterapia, inedito percorso terapeutico, possibile sintesi fra materia – immagine – sentimento. Combinazione imperfetta e problematica, ma anche possibile via di salvezza in tanti casi analoghi, che attende d’essere nuovamente verificata. Un libro ricco e insolito, un approccio mai tentato prima.