La scorsa estate, durante l’ultima settimana di giugno, sono tornato in Sicilia, la patria di mio nonno. Non ci andavo, per un lungo periodo di tempo, dal 1961. Da allora, sempre e soltanto viaggi di una giornata. Adesso mi sono fermato per una settimana. Ho visto, tra l’altro, Messina, Taormina, Siracusa, Catania. Mi ha impressionato, più di ogni altra cosa, il contrasto tra la bellezza della natura e la cementificazione. Case costruite sui greti dei fiumi, sulle ripe scoscese delle colline, rapinate degli alberi.

Una bellezza ferita. Ciò che più mi interroga, oltre alle conseguenze di tale scempio che sono sotto gli occhi di tutti, è la ricaduta diseducativa che si realizza nel cuore e nello sguardo di intere generazioni di giovani. «L’esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l’ambiente reca danni alla convivenza umana» ha più volte ricordato Benedetto XVI. «Il tema dello sviluppo – afferma nella Caritas in veritate – è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale».

Nel Medioevo molta gente viveva nelle capanne. Per esempio ad Assisi. A un certo punto, vedendo Giotto, oppure Masaccio a Firenze o Piero della Francesca ad Arezzo o Duccio a Siena, ha cominciato a guardare con occhi nuovi e ha pensato e poi realizzato case nuove, un nuovo modo di vivere e di abitare.

Ora, quando esco da casa mia, alla periferia di Roma, entro in una campagna che presenta ancora aspetti di una profonda bellezza, con la sua terra, i suoi animali. Ma ci sono bottiglie e lattine dovunque e poi televisori e lavatrici abbandonate.

Avendo speso secoli per uscire dalla barbarie ci stiamo ritornando? «Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso», ammonisce ancora il Papa nella sua ultima enciclica. È un tema, questo, molto caro al pontefice. A dire il vero anche Giovanni Paolo II è più volte intervenuto in proposito sottolineando lo stretto rapporto tra ecologia e giustizia.

Quel che più colpisce, invece, nei numerosi interventi di Benedetto XVI è il nesso che lui stabilisce tra ambiente e bellezza, tra ambiente ed educazione a «vedere nella creazione visibile il buono, il bello, il vero». «La nostra fede – afferma – comincia con lo stupore della creazione, della bellezza di Dio che si fa visibile».

 

L’educazione dello sguardo deve generare uomini e donne che sappiano creare fatti di bellezza attorno a sé. La nascita della scuola creata da Cometa a Como, il lavoro che vedo fare nei Meeting-point con i malati di Aids a Kampala e a Nairobi, in Africa, Cà Edimar, che a Padova offre una casa e una scuola a ragazzi che non hanno i genitori o non possono vivere con loro… centinaia e centinaia di punti nel mondo in cui si educa a una rivoluzione dello sguardo che pone le premesse per un rispetto della bellezza dell’ambiente e per una sua valorizzazione.