L’occasione della festa liturgica di Ognissanti, ignobilmente parodiata dall’apparentemente più “ecumenica” Halloween, ci offre lo spunto per una breve analisi comparata circa il diffuso fenomeno delle imitazioni o comunque dell’uso improprio di simboli religiosi, ma anche, come vedremo, di riti, liturgie, forme di preghiera fino ad abiti e paramenti. Si noti, tra l’altro, come, mentre in ambiti più propriamente laici ci si muova con molta cautela e si navighi rigorosamente nel politically-correct (si pensi ai brevetti industriali o ai diritti d’autore in ambito musicale e letterario), in quello per antonomasia proprio delle scelte più intime e profonde quale è quello spirituale-religioso, si muova pressoché impunito un diffuso quanto mascherato sciacallaggio di ricorrenze e simboli dal significato originale spesso ignorato.
Il confronto, che non vuol essere una comparazione sistematica a carattere socio-religioso – impresa di ben altre dimensioni e portata – ma semplicemente l’individuazione delle imitazioni più grossolane e arbitrarie in ambito religioso, si sviluppa in particolare a partire dalla matrice cristiana e cattolica in particolare. Ciò in forza anche del fatto che significativamente la fede cattolica, pur se socialmente marginalizzata e culturalmente spesso criticata in una società sempre più secolarizzata, viene poi regolarmente imitata e “valorizzata” quando si tratta di far breccia sulla sensibilità popolare a scopo proselitistico e, non di rado, meramente commerciale.
Oltre all’uso improprio della croce ad opera di Scientology, ricordiamo l’uso frequente dei simboli più diversi delle varie fedi e religioni in tutti i movimenti sincretisti per eccellenza: dai Baha’i a Sai Baba, da Moon ai vari gruppi new-age. Vi si trovano raggruppati in stemmi circolari (cfr. Sai Baba) indifferentemente la croce cristiana, la mezzaluna musulmana, la stella ebraica fino al simbolo fallico (lingam) induista, alla fiamma zoorastriana e alla ruota buddista. Si noti, poi, il caso particolare dei Testimoni di Geova dove il non uso del simbolo della croce (peraltro in uso nei primi anni della loro storia, fino al 1931) è solo il frutto di un’errata traduzione dall’originale greco “Xilon”, reso impropriamente con “palo”.
Ma una delle imitazioni più tipicamente folcloristiche e interessanti, quanto difficili da individuare, riguarda forse i cori itineranti (segnalati alcuni anni fa in alcune città italiane), composti in prevalenza da bambini e che raccolgono offerte volontarie “per le Missioni” organizzate dal movimento “The Family” (ex Bambini di Dio) ma che traggono spesso in inganno l’ignaro “donatore” convinto magari di aiutare le Missioni cattoliche in Africa.
Per passare in ambito ancora più folcloristico, ma sarebbe più indicato dire dissacrante, citiamo il caso dei vari maghi e veggenti, che non disdegnano l’uso, sul “tavolo di lavoro”, dei simboli più disparati (da Padre Pio a Papa Giovanni alla Madonna) nonché di abiti pseudo episcopali con tanto di improbabili simil-mitrie (di cui forse il mago Othelma costituisce il protagonista più rappresentativo e – ahimé – più presenzialista mass-mediatico).
Ci riferiamo qui, in particolare, a tutte quelle diffuse e più o meno felici imitazioni “formali” delle varie celebrazioni proprie della liturgia cattolica o ad essa correlate, quali orazioni e benedizioni varie, svolte da movimenti estranei al mondo cattolico (definiti anche “di frangia”) pur se talora apparentemente particolarmente “devoti” e dediti ad una pietà popolare che trae radici da esso.
Per quanto riguarda, poi, l’uso di strumenti “rituali” è forse emblematico il caso delle candele, che, a partire da un significato universale di luce, acquista all’interno del cristianesimo una simbologia propria per arrivare ad un uso “commerciale” tipico del new-age (dove, a seconda del colore, acquistano significati – e costi – diversi) fino all’uso rituale vero e proprio specifico della magia (nera e rossa in particolare).
Si pensi poi al significato simbolico dell’acqua, alla quale la cultura new-age conferisce un valore cosmico quasi divinizzante, ben lontano dalla profonda simbologia che percorre, per esempio, tutta la bibbia dall’antico al nuovo testamento. La lettura “astrologica”, poi, del presunto passaggio dall’era dei pesci (cristianesimo) all’era dell’acquario vuol vedere segni zodiacali (sic) anche quando la simbologia è puramente linguistica (Icthùs greco).
A scanso, infine, di facili equivoci, in tutte le osservazioni comparative fatte sin qui, non si intende in alcun modo mettere in dubbio la liceità dell’uso di questo o quel simbolo o rituale, né dare patenti di “esclusiva” ad una fede piuttosto che ad un’altra, quanto piuttosto stigmatizzare l’uso strumentale degli stessi a fini subdolamente proselitistici, per creare confusione in fedeli – spesso ignari – circa il reale significato dei gesti e la vera identità del movimento, giocando sull’ambiguità e favorendo così una cultura del “credere senza appartenere” o, ancora peggio, della cosiddetta “doppia appartenenza”.