È dei primi giorni di settembre la notizia che a fine novembre 2009, Benedetto XVI avrebbe tenuto alla Cappella Sistina, un incontro con artisti provenienti da tutto il mondo. E alcuni articoli accrescono la curiosità per quelle parole che illumineranno uomini dediti ai mestieri dell’arte.
Così la trepidazione per l’evento annunciato cresce durante l’attesa e sabato 21 novembre siamo in viaggio quando, alla radio, il primo notiziario del pomeriggio trasmette poche parole, chiare e taglienti: “La fede non toglie niente al vostro genio e alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre”.
Aumenta la curiosità di saperne di più e partono messaggini diretti ad alcuni testimoni che si trovano a Roma: “La bellezza ci ferisce e ci fa cogliere il Mistero, ha detto”. Ora l’intero discorso è in internet. Lo leggo in video, lo rileggo e lo stampo per rileggerlo.
Non sono parole sull’arte, ma una tenerissima carezza di amicizia che il Papa porge agli uomini che mettono mano all’arte. Si tratta di un abbraccio che la Chiesa tende a tutti quelli che hanno testimoniato nella loro vita la bellezza come splendore del vero.
Da queste pagine emerge uno spettacolo di affetto e di amore alla bellezza come fattore primario e generativo della conoscenza. Infatti per Ratzinger la bellezza è “una salutare “scossa” che fa uscire l’uomo da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto”.
È una bellissima lezione in cui la vita si apre all’arte e l’arte è apertura al Mistero. Il Papa prende per mano gli artisti e li conduce in una sterminata aula scolastica dove i maestri, con le loro opere, dicono come e quando sono stati feriti dalla bellezza. Ed ecco comparire il Beato Angelico, “modello di perfetta sintonia tra fede e arte”, poi il Perugino e lo scrittore Hermann Hesse, per lui “arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. E ancora Botticelli, Michelangelo e il grande Dostoevskij che ci ricorda come “l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere…”.
Benedetto XVI si appella ai grandi, chiede loro conferma e rilancia la loro stessa sfida. Introduce la scrittrice Simone Weil e la poesia di Norwid: “La bellezza è per entusiasmare al lavoro/ il lavoro è per risorgere”. Legge una affermazione del pittore Georges Braque: “L’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura” e poi brani di Platone e del teologo Hans Urs von Balthasar: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto”.
Con questo incontro diretto e cordiale, Ratzinger risponde alla domanda lanciata dal suo predecessore con la Lettera agli artisti del 1999: “La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente… Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte, ma l’arte ha bisogno della Chiesa?” Seduto, con alle spalle “la drammatica bellezza della pittura michelangiolesca”, il Pontefice domanda l’amicizia degli artisti, uomini che comunicano la bellezza, specchio della verità.
È delle loro mani che ha bisogno e lo ripete più volte con le parole di Paolo VI: “Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. E in questa operazione… voi siete maestri. E’ il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità… Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo”.
Con l’entrata delle parole di Sant’Agostino, questo spettacolo si avvia alla conclusione e lancia un’immagine che è energia per un inizio: “Godremo, dunque di una visione, o fratelli, mai contemplata dagli occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione che supera tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi, del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli; la ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza”.
L’augurio che Papa Benedetto lancia a tutti gli artisti del mondo è portare “nei vostri occhi, nelle vostre mani, nel vostro cuore questa visione, perché vi dia gioia e ispiri sempre le vostre opere belle”. E a me cosa resta, dopo questo eccezionale incontro? Forse solo il compito quotidiano di affrontare il lavoro con la compagnia di queste parole, che sono pietre per costruire. “In luoghi abbandonati costruiremo con mattoni nuovi”, ha profetato Eliot.
Da sabato 21 novembre i mattoni sono qui e questa è la speranza che mi mette all’opera adesso.