Scomparso alla veneranda età di 92 anni, Gabriele De Rosa, lo storico stabiese, modernista e contemporaneista. Ha vissuto quasi tutto il secolo sul quale incentrò maggiormente il proprio studio. Amico di Luigi Sturzo fu per trent’anni presidente dell’Istituto che porta il nome del sacerdote. Docente di Storia contemporanea presso l’Università di Padova, rettore dell’ateneo di Salerno e docente alla Sapienza, Gabriele De Rosa ha rappresentato lungo l’arco della propria esistenza la figura di storico e studioso di caratura mondiale. Lo abbiamo voluto ricordare interpellando lo storico medievista Franco Cardini, suo amico ed estimatore.
Professor Cardini che tipo di studioso e di persona era Gabriele De Rosa?
Posso dire che lo conoscevo bene. Lo considero un maestro, anche se non il mio maestro personale, sebbene per questioni anagrafiche avrebbe potuto esserlo. Ma le nostre aree di studio erano differenti. De Rosa era in primo luogo un amico, autore di studi molto importanti. Era uno dei non moltissimi modernisti, nonché contemporaneisti, che in Italia abbiano lasciato un segno. La modernistica e la contemporaneistica italiana non è per così dire al top della condizione attualmente in Europa. Malgrado ciò bisogna dire che De Rosa rappresentava un’eccezione. Era un maestro che apparteneva alla scuola classica e realizzò della storiografia di respiro europeo. La sua morte rappresenta quindi una perdita senza dubbio enorme per tutta la cultura italiana e anche per la società civile.
In che senso rappresenta una perdita anche per la società civile?
Voglio dire che De Rosa si è anche occupato molto di politica, nel senso migliore del termine. Egli partecipava sempre alla vita nazionale. Non è stato uno studioso chiuso nel getto, sia pure ghetto dignitosissimo, degli studi, ma ha anche cercato di mettere la testa fuori dall’accademia e io questo lo considero un pregio notevole, quasi un dovere laddove non lo si faccia per puro tornaconto. In fondo uno studioso, un docente, è anche un pubblico funzionario. De Rosa ha partecipato attivamente alla vita pubblica, lo ha fatto con grande attenzione, serietà e lealtà rispetto anche alle sue posizioni cattoliche. A questo si aggiunga il ruolo che egli ricoprì anche all’interno della Resistenza.
Rispetto alla sua posizione cattolica da molti criticata come “cattocomunista” qual è la sua opinione?
Credo che questioni e polemiche di questo tipo siano, a livello serio, per lo più storicizzate anche se purtroppo sono di recente tornate malamente di moda. De Rosa è stato vittima, come molti, di facili etichette. Mai come oggi poi è facile appioppare etichette a qualcuno. Si è visto un importante partito dare l’etichetta di cattocomunista a un personaggio di grande equilibrio come il cardinal Dionigi Tettamanzi. In realtà interpretare posizioni davvero indipendenti è una sfida oggi più che mai.
Al di là di quelle che lei giustamente chiama “etichette”, quale contributo diede De Rosa al mondo cattolico e che cosa ha perso questo mondo con la sua scomparsa?
Direi che il suo merito fondamentale è stato quello di mantenere la storia del cattolicesimo all’interno di una realtà equilibratamente conservata. Il mondo cattolico non ha purtroppo oggi molte frecce nella faretra in Italia dal punto di vista degli storici. Studiosi che contano, o che comunque si dichiarano cattolici, in Italia sono sempre più rari. Quindi la perdita di De Rosa la si può mettere in rapporto con altre perdite recenti come quelle di Pietro Scoppola, Giorgio Rumi o Cesare Mozzarelli, che non avevano un impegno cattolico altrettanto esplicito e dichiarato, ma che erano esponenti di una storiografia equilibrata e responsabile. Anche questi appartenevano a un mondo in grado di competere con i livelli europei. Ma si tratta soprattutto di una perdita pesante per la Chiesa stessa perché la Chiesa ha sempre più bisogno di difensori del calibro di De Rosa, essendo sempre più soggetta a molte tensioni e anche ad attacchi inattesi. La Chiesa necessita di studiosi equilibrati in un momento storico in cui predominano le esagerazioni e le prese di parte estremiste. Purtroppo gli studiosi equilibrati non sono moltissimi.
Comunque, sebbene equilibrato e sicuramente non cattocomunista, De Rosa non nascose mai la propria impostazione di sinistra.
Certo, ma anche le sue posizioni di “sinistra” mi sono sempre sembrate molto caute. Non era certo il tipo da elaborare demagogiche condanne alla gerarchia ecclesiastica, per esempio. Le sue non sono certamente mai state posizioni di rottura, “eretiche” o comunque estremistiche. Soprattutto bisogna rendersi conto che nel periodo principale della sua attività di studioso predominavano estremismi da ogni parte. E anche una buona fetta di cattolicesimo non ne fu esente. C’era un certo cattolicesimo estremistico che però non fu mai il suo.
Qual è invece il lascito più importante di Gabriele De Rosa da un punto di vista scientifico?
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Senza dubbio i suoi lavori di respiro ampio sulla storia d’Italia e d’Europa. Sono tanto più importanti quanto più è ormai difficile che gli studiosi, specialmente le nuove generazioni, riescano ad affrontare argomenti di ampio respiro. Noi italiani abbiamo degli ottimi, buoni e decorosi autori di monografie. Su questo non c’è nulla da eccepire. Ma si limitano per lo più appunto ad argomenti ristretti. Abbiamo invece una certa carenza di personaggi in grado di abbracciare lunghi periodi di storia. Questo è un dato piuttosto triste. Sarebbe il caso che un maggior numero di docenti rispetto agli attuali desse prova di conoscere e padroneggiare la storia quasi almeno com’era in grado di farlo De Rosa.
Alcuni addirittura lo hanno accusato, a questo proposito, di essere uno storico da manuale scolastico.
Sì, per molto tempo è stato accusato in questo modo. Io la trovo un’accusa un po’ assurda anche perché non ha scritto solo manuali. Ma qualcuno, un po’ malevolmente, l’ha considerato un autore principalmente di manuale e questa è un po’ una piccola malignità accademica. Le cose non stanno affatto così. Ad ogni modo direi che fu piuttosto il contrario: la sua profonda conoscenza della storia gli consentì di scrivere facilmente anche dei validi manuali ad uso scolastico. Vista da questa prospettiva la vicenda è più chiara.