Jacques Ellul nacque a Bordeaux nel 1912, dove morì nel 1994. Teologo protestante, filosofo, sociologo e giurista, a lui come a pochi si addice il detto «nessuno è profeta in patria». Celebrato negli Stati Uniti, era pressoché sconosciuto in Francia. Sostenne che la tecnica si era trasformata nella nota dominante dell’intera società. E che aveva assunto le caratteristiche di un immane organismo, di una struttura autonoma slegata dalla volontà degli uomini che la utilizzano. Di per sé priva di contenuti morali, è semplicemente ingestibile. I suoi effetti prescindono dagli scopi prefissati nell’impiegarla. Il più delle volte è la tecnica stessa a indicare la meta e la via da seguire. Il che comporta questioni etiche non indifferenti e solleva numerosi interrogativi. Alla maggioranza dei quali Ellul diede voce puntualmente. Interpretando il tempo che viveva alla luce della sua esperienza religiosa. E del tentativo di mettere in guardia l’uomo dagli esiti perversi del progresso incontrollato. Di recente, anche nei contesti accademici europei, si è ripreso a parlare di lui. E in Italia è stata pubblicata la traduzione de Il Sistema Tecnico – La gabbia delle società contemporanee (Jaca Book, 2009), uno dei suoi scritti più significativi, per anni introvabile anche in Francia. Di Ellul ci parla Lucetta Scaraffia, scrittrice, docente di Storia Contemporanea alla Sapienza di Roma ed editorialista per i quotidiani Il Corriere della Sera, Il Foglio, L’Osservatore Romano e L’Avvenire.
Uno dei concetti fondamentali e più originali di Ellul, attorno al quale ruota il suo impianto teorico, è quello di tecnica. Che significato attribuiva al termine?
Per Ellul la tecnica è quell’insieme di conoscenze e metodologie che consentono di fare una cosa nel modo migliore possibile. Sembra una frase bella, una intenzione positiva, ma Ellul ci mette in guardia: questo è un meccanismo che macina tutto, che non ha morale. Secondo lui, la tecnica obbliga l’uomo ad un processo inevitabile e continuo: tutto ciò che può esser fatto, sarà sempre fatto. Senza badare al percorso che si segue o agli effetti prodotti.
Ellul trattava la tecnica come un’entità animata. Ma questo corrisponde alla realtà? Non stiamo parlando, pur sempre, di uomini che la utilizzano e ne decidono l’orientamento?
No. Per Ellul la tecnica agisce indifferentemente dalle intenzioni degli uomini. Non è uno strumento privo di connotazione morale. Semplicemente non sopporta alcun giudizio morale. Tende ad auto-indirizzarsi e si autoalimenta. Una scoperta tecnica, nata per risolvere un problema, porta inevitabilmente alla genesi di nuovi problemi. A loro volta risolvibili con altre tecniche.
Per esempio?
Basti pensare all’inquinamento. È prodotto da processi industriali. Per porvi rimedio, si utilizzano altri processi industriali, si impiegano formule chimiche. Tutto ciò produce nuovo inquinamento.
A detta del filosofo, chi detiene la conoscenza tecnica detiene il potere. I tecnocrati rappresenterebbero l’elite più influente e decisiva della società. E i politici, i finanzieri o le lobbie culturali?
È evidente come costoro detengano un potere reale. Ma i finanzieri, ad esempio, nella loro attività utilizzano tecniche finanziarie, sempre più complesse e sofisticate, Che, come vediamo, possono generare immani pasticci. Risolvibili con altre tecniche finanziarie, ancora più complesse e sofisticate. I giornali, poi, sono normalmente ossequiosi verso tutto ciò che riguarda la ricerca scientifica. E il cittadino che legge i quotidiani è indotto a credere che qualunque cosa abbia a che fare con la scienza sia sempre e solo buono.
L’ambito in cui, oggi, la tecnica – sotto il profilo esistenziale – sembra in grado di sortire le conseguenze più decisive, è la biomedica. Ellul avrebbe mai immaginato la possibilità di produrre chimere manipolando gli embrioni?
Forse non avrebbe immaginato le chimere. Ma aveva capito bene dove si sarebbe andati a finire. Ha intuito che si stava mettendo in moto un processo che avrebbe distrutto l’uomo. Che l’evoluzione scientifica incontrollata produce danni nefasti. E che mentivano gli scienziati che si ostinavano a sostenere che la tecnica si può usare bene, che tutto è sotto controllo: la verità è che tutti la utilizzano, e basta.
Non c’è un sottofondo di pessimismo a oltranza? È così assurdo pensare che si possa utilizzare la tecnica a fin di bene?
Ellul non lo pensava. Per lui, semplicemente, era impossibile. Addirittura aveva vissuto in campagna per preservarsi dagli effetti del progresso. Le sue osservazioni sulla tecnica, certo, sono improntate al pessimismo. Ma la sua concezione del mondo è animata dall’ottimismo cristiano. Era convinto che Dio agisce nella storia e che, quindi, interverrà per salvare l’uomo da se stesso. Si tende a scindere i suoi scritti filosofici e sociologi da quelli teologici. Ma per lui il rapporto con la tecnica è legato in modo indissolubile a quello con Dio. E, in particolare, alla funzione che Dio ha affidato all’uomo nel mondo: quella di conoscere ma non distruggere, di dominare la realtà rispettandola, di aspirare al meglio preservando il senso del limite.
Ellul ha analizzato in maniera sistematica e precisa la società in cui viveva, ma non sembra aver voluto azzardare proposte o soluzioni.
Pensava che fosse suo compito educare a mantenere un occhio vigile su quello che accade, instillare il dubbio e tenere desta l’attenzione. In modo da comprendere i processi in corso, prima che il male fosse compiuto, quando è troppo tardi e si può solo prenderne atto. In questo risiede parte della soluzione. Era un insegnate, educava i suoi allievi a pensare diversamente e a utilizzare la ragione. Con questi aveva dato vita a dei piccoli “cenacoli”. I suoi studenti, una volta sparsi per il mondo, hanno realizzato critiche e analisi che sarebbero emerse dopo. Si sta affermando in diversi ambienti culturali l’idea che il progresso non possa essere lasciato in balia di se stesso. E questo è merito di Ellul
Era snobbato in Francia ed osannato in America. È un caso?
La sua storia è simile a quella di tanti intellettuali europei. Penso a grandi intellettuali del 900, critici della modernità, come René Girard e Ivan Illich, entrambi legati ad Ellul. Pensatori accomunati dall’elaborazione di un pensiero critico sulla modernità in chiave cristiana. L’Europa ha subito una secolarizzazione molto più profonda rispetto all’America e per questo – fino a poco tempo fa – si è dimostrata indisponibile alla ricezione di riflessioni di questo genere. Ora in Francia qualcosa sta cambiando. Si assiste alla rinascita di un’elite culturale cattolica, anche se non ancora del cattolicesimo di base. Anche questo, in gran parte, è merito di Ellul.
(Paolo Nessi)