Pochi sanno che in ordine numerico, dopo gli ebrei, il secondo popolo a subire, durante la seconda guerra mondiale, una forma di martirio simile sotto molti aspetti al genocidio fu quello polacco. A circa quattro milioni di morti civili infatti si aggira la terribile cifra delle vittime lungo il corso del conflitto. Una comunanza di destini, quella fra i due popoli, che sembra non essersi limitata, per quanto sarebbe bastevole, al tragico olocausto, bensì anche alla questione territoriale. Paradossalmente due fra i popoli che maggiormente considerano sacrale il rapporto con la propria terra sono stati schiacciati e dispersi con angosciante crudeltà nel corso della storia. E proprio dal patto di spartizione della Polonia, il documento più terribile che la memoria storica ricordi, che vide mettersi d’accordo il nazismo e il comunismo staliniano comincia il film Katyn di Andrzej Wajda. Lungometraggio che qui in Italia sembra anch’esso condannato a un triste destino considerando l’estrema e inspiegabile brevità della sua vita pubblica nei cinematografi nostrani, fattore di scandalo per molti intellettuali, ma nulla più. E a parlarci di memoria, in una delle rare occasioni in cui la pellicola viene proiettata, è il console generale della Repubblica di Polonia Krzysztof Strzalka il quale ci spiega come il proprio popolo, anche nell’espressione delle generazioni più giovani, mantenga ben vivo il ricordo di quell’evento pur senza rancori o desideri di vendetta.
Krzysztof Strzalka, come è percepita oggi, a distanza di sessant’anni, quella tremenda pagina della vostra storia e di quella russa che fu il massacro di Katyn?
Il massacro di Katyn è molto sentito in Polonia. È divenuto uno dei simboli della storia e della tradizione polacca improntandosi nell’immaginario collettivo nazionale come un orrendo tragico evento che ha influito in modo drammatico anche sulla situazione sociale della Polonia nel dopoguerra.
Katyn fa parte dell’immaginario nazionale e collettivo, ogni polacco si identifica con i simboli di questo orrendo crimine non punito, e un fatto direi d’identità nazionale è diventato anche il trauma nazionale e psicologico. Emotivamente è il simbolo del martirio, uno dei eventi più importanti della storia della Polonia del Novecento. Gli effetti di questo crimine hanno piegato la storia della Polonia, furono un punto di svolta.
Sebbene al giorno d’oggi la sua eco viene trasmessa tramite la memoria umana di nonni e genitori il ricordo di quella strage è straordinariamente vivo e incide ancora sulla classe dirigente polacca, erede di quella che venne letteralmente spazzata via. Questo sentimento è facile da comprendere se si considera il passaggio epocale che ebbe la nostra nazione la cui causa era, fino al 1943, “protetta” dalle potenze occidentali e poi da queste ultime letteralmente “venduta” all’Unione Sovietica insieme a molti altri paesi dell’Europa Orientale.
Le giovani generazioni della Polonia sono coscienti di quanto accadde alla sua passata classe dirigente o, come spesso purtroppo avviene, tendono a dimenticare?
Certamente la storia di Katyn è una storia che continua a parlare in sé e a far parlare. È consolante vedere quanto ciò da noi avvenga anche per le generazioni più giovani, soprattutto attraverso il linguaggio dei simboli, che sono uno strumento fondamentale per fare memoria. Racconto un esempio molto semplice: se un turista visita la Polonia è pressoché impossibile che, qualora si imbattesse anche nel più piccolo dei paesi, non trovi le croci che simboleggiano quel massacro.
Devo dire che davvero la popolazione polacca è integralmente cosciente riguardo la propria storia, per lo meno quella recente. Per non parlare poi del grandissimo numero di documentari, materiale filmico, rappresentazioni teatrali e innumerevoli libri, opere letterarie e saggi pubblicati e letti sull’argomento.
Quindi è più opportuno preoccuparsi della memoria dei giovani che vivono qui nell’Europa occidentale a proposito di fatti come questo?
Ma certo, con una piccola avvertenza. La memoria di questo massacro per le giovani generazioni polacche significa innanzitutto il ricordare seguendo le tracce delle generazioni passate. Questo significa un interesse alle persone così forte da impedire qualsiasi recriminazione ideologica. Spesso infatti avviene che la memoria di un eccidio di questo tipo venga rivissuta nel rancore e nel desiderio di vendetta contro i responsabili. Ciò che sorprende in questo versante è invece l’atteggiamento, finora piuttosto costante, di giudizio che condanna l’ideologia e non le persone. Non vi è stato finora, in ambito culturale, ma anche sociale, alcun atti rivendicativo nei confronti dei russi. E questo si vede particolarmente bene nel film realizzato a Andrzej Wajda. È un film che cerca, il più possibile, di “salvare” le persone, in tutti i sensi.
Inoltre occorre ribadire che, oltre all’eccesso cui la storia ci dimostra che spesso l’ideologia totalitaria raggiunge, in questo caso è da condannarsi la grandissima menzogna che ha coperto questo tremendo crimine contro l’umanità. Katyn rappresenta una delle più grandi e gravi bugie che il XX secolo abbia mai conosciuto. Sotto questo aspetto noi polacchi ci aspettiamo che prima o poi dalla Russia ci venga riconosciuta questa verità. Perché senza verità alla lunga non c’è perdono. Lo so è una frase che può sembrare banale, ma in realtà riassume perfettamente il senso del sacrificio compiutosi a Katyn.
Per quale motivo la Russia continua a evitare un pubblico riconoscimento di come andarono i fatti e, conseguentemente, porgere ufficialmente le proprie scuse al vostro Paese?
Sono state importanti le “aperture” che fece Gorbaciov, ma molto più coraggiose furono le dichiarazioni da parte di Eltsin. Adesso, purtroppo, questo corso ha preso la direzione contraria alla precedente. In Russia la grande guerra patriottica condotta ai tempi dall’Unione Sovietica è stata riabilitata e indicata come un simbolo dell’unità nazionale e dell’orgoglio del Paese. Un fatto ormai certificato come il massacro di Katyn può infrangere, può distruggere questo mito della grande guerra patriottica che l’Unione Sovietica vinse contro la Germania nazista. Katyn è il simbolo della collaborazione più stretta e efficace tra la Germania nazista e Russia comunista, tra Hitler e Stalin, tra il settembre 1939 e il giugno 1941. La storia su questo punto e’ molto singolare: Germania nazista e Russia sovietica parteciparono insieme all’eliminazione fisica, culturale e linguistica della Polonia. Viene subito il parallelismo criminale tra le due ideologie totalitarie del XX secolo.
Ma secondo me non c’è davvero il rischio di mettere a repentaglio la gloriosa storia russa dicendo la verità, anzi. Riconoscere come sono andati i fatti a Katyn sarebbe un segno di vera grandezza da parte del popolo russo. In sostanza credo che dietro questa reticenza si nascondano anche grosse questioni politiche, sulle quali preferirei però soprassedere, riguardanti anche l’attuale stato della Russia.